Bambini in transito

Costruire legami nellaffidamento famigliare e nelladozione

Gianna  Pesce

 

 

Ladozione e laffidamento famigliare, pur con intenzionalit differenti, si possono considerare come paradigmi della costruzione di relazioni e legami. Essi prevedono, rispettivamente, linclusione totale e linserimento a tempo  di un bambino estraneo, condizioni che richiedono una prospettiva di tipo processuale e di co-costruzione; questi termini oggi connotano anche la psicoterapia. Il percorso adottivo, in particolare, implica un lungo lavoro di elaborazione intrapsichica e relazionale, di riflessione individuale, di coppia e famigliare, processo che pu diventare una  sfida tesa ad attivare tutte le potenzialit delle persone che vi sono implicate.

Pertanto il mio discorso sulla cura genitoriale, sulla genitorialit adottiva e affidataria, seguendo tale direzione, presenta alcune riflessioni sulle analogie con la relazione terapeutica, vista secondo i pi recenti indirizzi psicoanalitici che pongono al centro linterazione, la diade, il campo intersoggettivo. 

Le risultanze del processo di adozione e di affidamento sono strettamente legate alle capacit affettive e cognitive messe in atto nellincontro fra genitori e bambino e nel corso delle trasformazioni che si realizzeranno con la costruzione della genitorialit e del legame di attaccamento. Siamo a conoscenza che quando si realizza la funzione daccudimento le rappresentazioni che si riattivano nel mondo interno si esprimono attraverso identificazioni, controidentificazioni, proiezioni. Inoltre sappiamo come le rappresentazioni mentali dei legami passati coi propri genitori, correlate a determinate condizioni di deprivazione o abuso, possono emergere difensivamente quando si diventa genitori:  la difesa prevale sulla creativit del legame. In questi casi linserimento di una nuova relazione pu diventare trasformativo; la presenza di un terzo con funzione di accudimento famigliare o terapeutico potr riattivare legami bloccati. E il processo relazionale come co-costruzione continua che rende possibile questa riorganizzazione. Lo psicoanalista Sergio Bordi, durante i suoi seminari presso lASP, ci ricordava che gi le teorie relazionali psicoanalitiche, rimarcando lanalogia fra il prendersi cura terapeutico e laccudimento dei genitori, avevano suggerito che in quella cura occorreva qualcosa in pi, che via via stato indicato con vari termini (empatia, sintonia affettiva, i fattori aspecifici). Oggi questi termini sono maggiormente specificati in direzione degli stati mentali, come risulta dalla ricerca sullattaccamento.

Lincontro, la  co-costruzione  e  la  processualit  che  fondano  le  condizioni di adozione e di affidamento, sono basati su complessi processi mentali intrapsichici e relazionali. Greco e Iafrate, studiose dellaffidamento famigliare, parlano dellaffidamento come tentativo di curare la relazione con la relazione. E un concetto analogo a quello posto in atto dallo psicoanalista odierno, che  non intende pi svelare linconscio, ma diventa un partecipante attivo alla relazione e contribuisce con la sua soggettivit alla cura. Tra gli obiettivi comuni della relazione adottiva, affidataria e terapeutica vi sar quello di modulare la comunicazione delle emozioni e degli scambi socio-affettivi. Tra gli autori che studiano il processo adottivo alla luce della teoria dellattaccamento la psicologa Donatella  Cavanna in una ricerca effettuata presso lUniversit di Genova sottolinea lipotesi che esperienze interattive positive, successive alla prima infanzia, possano favorire la rielaborazione di storie negative precoci e ci stia alla base della funzione protettiva e riparativa dei legami dattaccamento. Il legame dattaccamento sicuro richiede stabilit, continuit, prevedibilit, si comprende perci come i bambini adottati abbiano problemi dattaccamento. E nel processo di costruzione di nuove relazioni stabili e significative che si vede la realizzazione della teoria dellattaccamento in ambito famigliare e, analogamente, nel legame terapeutico.

Per Peter Fonagy, Daniel Stern, Lyon Ruth il cambiamento si verifica non come conseguenza di un insight o dellelaborazione di un ricordo, ma per le nuove esperienze di relazione che modificano la memoria implicita  basata sulle procedure relazionali degli attaccamenti primari.

La relazione terapeutica, come peraltro quella adottiva e affidataria, non ha una base biologica n si rivolge ad una persona senza storia, ma in analogia con il legame dattaccamento primario, presenta un contesto di sicurezza, anche il setting concepito in modo che il paziente percepisca una base sicura. Condizione per la sicurezza trovare una situazione altamente prevedibile,   sperimentare la continuit e la stabilit della relazione.

Il mantenimento di una base sicura indispensabile, visto che durante il processo adottivo, affidatario e terapeutico avvengono numerosi cambiamenti: la relazione si struttura  allinsegna dellincertezza.

La madre, come il terapeuta, a proprio agio se il bambino  facile, si crea cos unalleanza. Pi difficile trovare la base sicura per chi disorganizzato, col quale lempatia si conquista e si mantiene faticosamente; necessaria una presenza forte e, in terapia, occorre ripercorrere la  linea  evolutiva che ha subito interruzioni e discontinuit, oltre a cercare specifici punti di riferimento. Fonagy, nelle sue riflessioni sulla patologia borderline, dice che se il bambino maltrattato e traumatizzato non ha un supporto  di forza e intensit sufficienti perch si sviluppi una relazione dattaccamento, che dia il  contesto per poter immaginare gli stati psicologici dellaltro ed il proprio, egli si avvier verso patologie gravi (Fonagy 2001).

Nel considerare le cure materne la teoria dellattaccamento ha specificato maggiormente la nozione Winnicottiana di madre sufficientemente buona, che non riguarderebbe una generica sensibilit, ma la capacit dintendere gli stati mentali del bambino in un contesto di coerenza.

Nel concetto di madre sufficientemente buona si potrebbe vedere sia  uninsieme sufficientemente armonico del suo presentarsi al bambino sia la componente meta-rappresentativa  approfondita sperimentalmente da Mary Main. La teoria dellattaccamento confermerebbe lidea di Winnicott per cui attraverso la preoccupazione materna primaria la madre normalmente sa che cosa e come fare col bambino che le va incontro. Tale programmazione materna fondata su schemi introiettati nellinfanzia, come veniva anticipato dalla psicoanalista americana Selma Fraiberg che notava che stati affettivi delle madri, legati ad abusi  e dimenticati riemergevano quando divenendo madri, esse si trovavano in un analogo contesto di cura e di intimit. La ricerca sullattaccamento convalida quanto suggeriva la Freiberg sulla facilit con cui si trasmettono da una generazione allaltra gli schemi disadattivi; questultima si mostrava tuttavia ottimista sul recupero del bambino quando capiva che ci che va modificato la relazione: conta  la fiducia di chi entra nella relazione oltre alla plasmabilit del bambino (Bordi 1995).

Esiste una differenza di fondo fra teoria dellattaccamento e approccio clinico-terapeutico della psicoanalisi portata a considerare maggiormente gli aspetti relativi alla patologia. Via via si cominciava per a vedere che potevano essere portate prove empiriche allipotesi su cui si regge il presupposto del cambiamento strutturale, cio che le interazioni umane sono interscambi fra intenzioni e rappresentazioni retrostanti, che sono stabili, ma influenzabili e modificabili.

Lintersezione tra i diversi contributi teorici e di ricerca della psicoanalisi e della teoria dellattaccamento viene ad arricchire la visione clinico-terapeutica e gli strumenti che possiamo mettere a disposizione del nostro lavoro.

Sappiamo che la base psicologica della funzione genitoriale  centrata su quella capacit specificamente umana che ci fa capire gli stati danimo ed individuare le intenzioni, le emozioni, i desideri dei nostri simili e di noi stessi. La disponibilit ad accogliere un nuovo membro, secondo un insieme di capacit comprese nellespressione comune di sensibilit materna o genitoriale si estrinseca attraverso una efficace comunicazione affettiva. Un aspetto saliente di essa lattribuzione al bambino piccolissimo, da parte di chi se ne prende cura, di capacit mentali pertinenti alla persona, gi in epoca in cui lesistenza di questa capacit ancora in fieri. Tale atteggiamento consente al bambino di interiorizzare limmagine di un bambino dotato della facolt di possedere stati mentali. La madre, che mentalizza non si limita a condividere, ma va oltre, decodifica le intenzionalit del bambino, offrendo una rappresentazione di uno stato di cose sintonicamente aderente, ma differente come esperienza, aggiungendo una sua interpretazione, che sgancia dallesperienza percettiva e anticipa uno stato mentale successivo, agendo cos da impalcatura.

Un atteggiamento analogo costituisce la base anche del concetto di positivizzazione terapeutica nella diversa teorizzazione di un grande psicoanalista e potrebbe utilmente guidare anche lintenzionalit adottiva e affidataria. Mi riferisco al modello terapeutico per le psicosi di Gaetano Benedetti, che proprio per lessere sorto per la terapia di condizioni limite dellesistenza, pu essere accolto nella cura delle situazioni psicologiche pi complesse.

Egli propone la terapia di pazienti difficili come una sfida non solo terapeutica, ma soprattutto esistenziale contro la negativit tragica di certe esistenze. La sfida, termine che ho usato anche per ladozione e laffidamento, avviene nellincontro tra due persone, in cui lintenzionalit quella di co-costruire o ricostruire soggettivit bloccate, entrando fino in fondo nella relazione, non rimanendo sulla cornice. La metodologia della positivizzazione  non risiede nella negazione difensiva dellangoscia, ma nel cogliere i segnali e le potenzialit dellaltro anticipandole e trasformandole in immagini positive arricchenti. Pi alta lintenzione e pi ricca sar limmagine che il bambino o il paziente vedr rispecchiata nel viso della madre; Benedetti dice:  lanalista, come la madre, rispecchia al paziente  quella potenzialit positiva che questultimo ha dentro, aggiungendovi qualcosa di suo.

In questa direzione lidoneit di una coppia alladozione consisterebbe nella capacit di accogliere i vissuti del bambino e di esperire e trasformare, positivizzandole, le emozioni attribuendovi un  significato.

Non si tratta di scegliere una famiglia ideale per una situazione problematica, ma una famiglia flessibile e, come affermano le studiose Iafrate e Scabini: famiglie capaci di trasformare un problema in un progetto possibile.

In uno studio sui fallimenti adottivi, Cavanna afferma che tra i fattori di rischio e di protezione non viene considerato alcuno specifico fattore che possa determinare esiti fallimentari o positivi, neppure le esperienze precoci negative possono essere un elemento predittivo di un esito negativo, ma sono un fattore di vulnerabilit. Possiamo dire che la relazionalit complessa e la vulnerabilit di un bambino portatore di una storia difficile uno dei fattori in gioco, tuttavia la funzionalit della relazione dipende dal tipo di integrazione che si riesce a stabilire tra le varie componenti.

Traiamo qualche indicazione dallesempio che segue. Ci potremo trovare di fronte ad una madre adottiva che entrata in contatto con un bimbo molto piccolo proveniente da un altro paese; essa potr pensare che un bimbo duna cultura cos diversa render difficile relazionarsi, ma, se avr alcune conoscenze e apprender dallesperienza, si accorger  che i ritmi fondamentali del bambino sono consonanti con certi ritmi materni, (ad es. con la voce) e, se sar flessibile, le difficolt saranno superabili, entrer in consonanza, il bambino imiter la madre e si proceder con modalit intersoggettive. Se la madre permarr nel pregiudizio, non si render conto che la relazionalit pu essere pi facile rispetto alle sue aspettative. Ci che importa entrare nella relazione.

Tuttavia lazione di regolazione congiunta della relazione, che accompagna il processo genitoriale adottivo e affidatario e il processo terapeutico, non pu essere separata dalla conflittualit, fonte di tensione e sofferenza. Il sostegno e lelaborazione del dolore parte integrante della relazione madre/bambino (terapeuta/paziente), quanto il monitorare la relazione. Alcuni fallimenti adottivi vengono legati alle coppie incapaci di tollerare il dolore mentale del bambino ed il proprio e la delusione che il bambino reale sia diverso da quello immaginato. Come i casi pi gravi in terapia, i bambini gravemente deprivati o traumatizzati utilizzano per molto tempo lidentificazione proiettiva come modalit di comunicazione inconscia per evacuare la rabbia, il dolore, langoscia, che non possono essere contenuti e metabolizzati. Se i genitori hanno cercato il bambino in prevalenza come cura per la sterilit o come soddisfacimento narcisistico non possono accogliere e trasformare quelle proiezioni: infatti il bambino che deve riempire un lutto non elaborato deve essere perfetto. Un fattore di rischio, dal punto di vista soggettivo del bambino che ha subito perdite traumatiche, lattivazione di difese tali da impedirgli di fruire delle cure dei genitori o di renderlo incapace di suscitare in loro un stile genitoriale sintonico. Il bambino agisce come se laccudimento potesse essere potenzialmente pericoloso riportando le strategie usate nella famiglia dorigine e la paura di un ulteriore danno se manifesta i propri bisogni in nuovi legami di cui non sa la durata.

In un articolo sui precursori del fallimento adottivo Viero nota un aumento del rischio di fallimento nelle fasi iniziali del processo adottivo, qualora si attuino modalit di inserimento e di rapporto troppo intense rispetto a ci che il bambino in grado di ricevere, specialmente se stato abituato ad una precoce autonomia. La conseguenza pu essere la frustrazione della famiglia che si sente rifiutata e linsorgere di unostilit reciproca.

Queste considerazioni pongono in luce il tema della vicinanza e delle sue articolazioni; pericolosa la situazione in cui si troppo vicini o troppo lontani in qualsiasi tipo di genitorialit o di funzione di cura.  Gaetano Benedetti  richiama la nostra attenzione di terapeuti sulla necessit di costruire ponti, aree di transizione fra noi e laltro, suggerimento importante per le diverse funzioni di cura.    

Fava Viziello e Simonelli  in un recente lavoro sulladozione ,dove esaminano  una ricerca longitudinale della durata di 15 anni, scrivono che misterioso ci che avviene nei bambini adottati, che contraddice certe nostre teorie sui traumi precoci, sullirrecuperabilit delle gravi situazioni dei primi anni di vita e sulla priorit del trattamento psicologico in molte forme psicopatologiche. Infatti le autrici rilevano che gli adolescenti adottati non si discostano dagli altri, nonostante storie terribili e traumi, compreso quello delladozione, e senza trattamento psicologico hanno raggiunto equilibri non precari; i casi difficili sono stati accompagnati  nellanno di affido preadottivo e  interventi brevi e mirati, in situazioni di crisi, hanno dimostrato la loro efficacia a questa et, garantiti dalla disponibilit della presenza degli operatori, come modalit preventiva.

Ci confermerebbe le attuali ricerche sulle grandi potenzialit del bambino e sulla sua spinta, presente gi alla nascita, ad andare incontro ad un ambiente pronto a riceverlo.

La constatazione che ladozione ha un significato mutativo e che, in qualsiasi situazione, nellet infantile la strada da percorrere quella di mettere a disposizione affetti accessibili, ci rimanda ancora alle ricerche di Selma Freiberg. Questultima scriveva che la continuit dello sviluppo disadattivo rigida, ma che esiste la possibilit del cambiamento attraverso una nuova relazione, come ci riferisce Sergio Bordi in un lavoro sulla psicoanalista statunitense. Essa diceva che cՏ una coazione a ripetere, ma la storia non destino perch non contano tanto i fatti ma come li elaboriamo e ce li rappresentano. Ci che fa la differenza e che pu condurre verso la patologia il tipo di difesa che avviato allepoca del trauma infantile col blocco delle emozioni e la limitazione dellintegrazione tra le rappresentazioni.

Tra i fattori che facilitano o impediscono il superamento delle difficolt e dei traumi costituiscono unimportante componente, da un lato, la capacit attivante o, la vulnerabilit del bambino e dallaltro lato la flessibilit o la rigidezza dei modelli genitoriali, ma i giochi si fanno nel tipo dinterazione che si stabilisce.

Nellaffidamento famigliare gli autori inseriscono, quale importante fattore protettivo, la capacit di proteggere lappartenenza al gruppo dorigine.

Le ricercatrici Greco-Iafrate parlano dellaffidamento come di una condizione di confine sostenuta dalla coniugazione fra famiglia affidataria e famiglia naturale. Questa posizione di confine rimanda ad una genitorialit particolare ove la cura reale si inserisce nellambito del come se fosse un figlio; le autrici dicono che cՏ bisogno di disponibilit genitoriale e di una certa distanza, perch un rapporto a termine.

Nella situazione terapeutica ogni seduta ci riporta alla dimensione dellillusoriet, alla fiction, dove larea del come se spesso prevale e il terapeuta diventa oggetto didentificazioni e proiezioni, che provengono da unaltra storia. Come sappiamo, emozioni e affetti originati altrove possono essere agiti talora dai bambini adottati o affidati. Tuttavia attualmente anche in terapia sempre pi valorizzata la presenza reale e la possibilit di esperire una nuova relazione e costruire insieme una nuova storia.

Winnicott parla dellarea terapeutica come di una area di gioco, transizionale, da cui emerge lutilit di insegnare a giocare al paziente che non capace di farlo. In una situazione diversa come laffidamento famigliare, le autrici aggiungono il gioco tra due famiglie, lattivare limmaginazione e la fantasia di essere figlio dei nuovi genitori come modalit per ampliare le rappresentazioni e la creativit del bambino.

Potremmo dire, usando parole che Sergio Bordi riferisce alla psicoterapia, che ladozione e laffidamento, quali nuove relazioni dattaccamento, rientrano in quella variet di esperienze significative, in cui  per dare un significato alle proprie esperienze il bambino si serve dellaffettivit, della disponibilit,  dellempatia e della fantasia interattiva di chi si prende cura.

Nel rapporto psicoanalitico e in altre relazioni creative si possono intravedere vari modi di essere e di stare insieme, lo psicoanalista statunitense Stephan Mitchell dice: un rimodellamento immaginativo  dischiude nuove possibilit. Circa la fantasia interattiva di chi cura nella situazione adottiva alcuni autori pensano  allutilit di attivare uno spazio immaginativo dei genitori adottivi, in cui accogliere aspetti del bambino che sta arrivando, legati alla sua provenienza, alla sua storia, che renda pensabile il bambino nelle sue peculiarit.             

Ricordo alcuni incontri  con  operatori dei Servizi sociali in cui mi trovavo  a contatto con la dimensione di complessit del loro lavoro in questo ambito,  ove necessario tenere presenti diversi vertici. Si rifletteva sul vertice paradossale dellaffidamento, di cui scrivono Greco e Iafrate, consistente nellapertura del conflitto da parte degli operatori, che problematizzano situazioni statiche, rigide, simbiotiche con lobbiettivo di  creare un cambiamento. Veniva  sottolineata la conflittualit tra gli operatori di fronte ad una tematica connotata dalla separazione a cui tutti sono sensibili, perch il separare pu evocare  fantasie di distruttivit e di colpa. Era rilevata come problema  la tollerabilit dellaffidamento da parte degli operatori che entravano in contatto coi propri vissuti su attaccamento  e separazione. Si diceva: La trasformazione avverr quando si potr passare dallangoscia per una separazione pensata come totalizzante e catastrofica ad una condizione che pu essere parziale; lobbiettivo sar quello di elaborare in quipe la parzialit e la temporaneit della separazione. Gli operatori vivevano il travaglio fra allontanare e lasciare il bambino alla madre e si domandavano: possiamo avere un pre-giudizio sulla famiglia?   preferibile scavare di pi  tra le nostre risorse minime?  Se lavorassimo ancora con la madre aumentando molto il lavoro con lei? Se allontaniamo il bambino il percorso sar imprevedibile? Si rifletteva sui quesiti allontaniamo troppo o poco? Rischiamo di diventare produttori di danno?  E reale  il rischio di tempi troppo lunghi?

Il tempo un parametro che entra in ogni relazione ed evoluzione psicologica, nellaffidamento e  in terapia esso assume un significato particolare in quanto condizioni temporanee sottese da un attaccamento e da una separazione. Entro i tempi lunghi delloperatore si collocava la ricerca di una famiglia ideale, perfetta, simmetrica a quella del bambino desiderato perfetto dalla famiglia adottiva. Gli operatori dicevano: a volte si rallenta la restituzione di senso dellallontanamento al bambino, pur sapendo che un fattore protettivo quello di metter in parole il dolore, in un contesto affettivo. Era  come se loperatore ritenesse di aver esaurito la protezione del bambino con la decisione e le azioni dellallontanare. Gli operatori parlavano di  ambiguit delle loro relazioni poste tra aiuto, cura e controllo e si  sottolineava  la polarit dialettica tra questi  vertici.

La psicologa Susanna Kuciukian segnala che i bambini in adozione e in affidamento, oltre ai problemi dattaccamento, hanno la sofferenza di non riuscire a riconoscere una propria verit che dia senso alla propria storia. Per questa ragione ci che conta la costruzione di un senso condiviso della propria storia. Si tratterebbe di rielaborazione fantasmatica a distanza per ladozione e di  rielaborazione fra distanza e vicinanza reale nellaffidamento.

Si ritiene oggi  che, in terapia, non si possano  portare alla luce i fatti storici, ma che ci si muova nella dialettica tra verit storica e narrativa, che si cerchino insieme nuovi significati; perci via via assume importanza il modo in cui si comunica, il come si comunica, non solo il  cosa  si dice.

Pertanto negli ultimi anni, in unottica relazionale, anche in psicoanalisi si aperta la strada alla considerazione del contributo  di entrambi i partners alla relazione. Benedetti nel suo ultimo libro (2005) parla di reciprocit della dipendenza, pur nella distinzione dei piani della dipendenza. E una dipendenza creatrice reciproca che sostiene lassimetria di una relazione tra adulto e bambino, fra chi ha lautorit e chi non la possiede, tra sano e malato. Quando Benedetti dice che la sua dipendenza creatrice dallinconscio del paziente, anche psicotico, trasforma una dissimetria in una simmetria esistenziale, non dimentica di distinguere questa dipendenza, che chiama dialogica, da unaltra legata ai problemi delladulto e del terapeuta che sono da risolvere e da elaborare. Sono quei casi ove i figli crescono con difficolt e non diventano autonomi, i pazienti non guariscono mai perch laltro (genitore o  terapeuta) ne ha bisogno. Questi concetti possono costituire uno spunto di riflessione per la genitorialit adottiva, che spesso si presenta essa stessa legata a un lutto, che richiama un tipo di simmetria confusiva con un bambino che ha subito carenze e lutti. Mi sembra arricchente tenere a mente questo concetto di simmetria esistenziale nellaffidamento famigliare, ove unassimetria fra le due famiglie in evidenza, spesso a partire dalle condizioni sociali ed economiche.

Stephan Mitchell afferma che, in unottica relazionale, i desideri non stanno mai semplicemente in una persona (paziente o terapeuta, bambino o genitore); sono desideri di avere qualcosa da qualcuno in particolare, sono desideri in un campo diadico o triadico. Laspetto cruciale in ogni relazione non n la gratificazione n la frustrazione, ma il processo di negoziazione in cui avviene il proprio modo di partecipare e di consentire.

Mitchell scrive che in molte forme di cura vi un accordo nellandare in una direzione, nelleliminare certi sintomi o inibizioni, ma lanalista e, analogamente, il genitore naturale, adottivo, affidatario sanno, in un modo che il paziente o il figlio non potr condividere, che la destinazione definitiva sar molto diversa da qualunque cosa sia stata immaginata o desiderata e che il viaggio in s si riveler molto pi importante della destinazione raggiunta.

 

 

Bibliografia

 

* S.A. Mitchell  -  Influenza e autonomia in psicoanalisi.  -    Bollati Boringhieri Torino 1999.

* S. Bordi – Il contributo di Selma Fraiberg in Modelli di sviluppo in psicoanalisi a cura di Eugenia Pelanda.

            R. Cortina Roma 2002.

* G. Fava Viziello – A. Simonelli – Adozione e cambiamento.  -  Bollati Boringhieri Torino 2004.

* S. Fraiberg – Il sostegno allo sviluppo.   -   R. Cortina Roma 1999.

* G. Benedetti – La parola come cura.   -   F. Angeli Milano 2006.

* O. Greco – R. Iafrate – Figli al confine.   -   F. Angeli Milano 2001.

* P. Fonaghy – M. Target – Attaccamento e funzione riflessiva.   -   R. Cortina Roma 2001.