"Situazioni traumatiche intrafamiliari: la relazione
madre/figlia" |
Relatore:Marinella
Malacrea |
|
Il
tema che devo affrontare oggi con voi un tema che mi molto caro e che
avevo io stessa suggerito e riguarda la relazione madre-figlia nelle
situazioni traumatiche intrafamiliari, ma, in particolare oggi faremo
riferimento alle situazioni di abuso sessuale intrafamiliare, in cui
l'abusante, come voi sapete anche dai numeri e dalle percentuali che oramai
sono state diffuse su tutti i giornali, anche se poi la gente stenta a
credervi, prevalentemente il padre all'interno della famiglia. E questo
un tema, secondo me, non sufficientemente esplorato, che solo ultimamente ha
trovato attenzione anche nella letteratura. A questo punto devo fare una
piccola premessa a proposito dell' unit che si occupa di abuso sessuale
all'interno del C.B.M., per chiarire in quale contesto storico nata. L'altro
motivo inerente alla legislazione. All'epoca era in vigore una legge
diversa da quella attuale istituita nel '96 che restringeva l'obbligo di
denuncia di casi di violenza sessuale. Quindi i due grandi cambiamenti sono
stati: uno, il viraggio delle pazienti, verso pazienti sempre pi piccole,
che abbiamo avuto, in grande misura, e continuiamo ad avere in grande misura,
sotto i 6 anni di et, in et prescolare. E quindi ci siamo resi conto che
quello che credevamo fosse... credevamo, non so esattamente che parola usare,
perch queste credenze sono talmente intrise dalla voglia di credere, che
certe volte non si riesce bene a capire se ci credi veramente o se vuoi
pensare che le cose siano cos, perch sembrano anche pi inquadrabili,
pi comprensibili... comunque, se prima la nostra opinione era che,
effettivamente, l'abuso sessuale fosse un fenomeno dell'adolescenza e quindi
anche affrontabile, con le pazienti coinvolte e con i loro familiari, con
diversi strumenti, poi, quando ci siamo trovati di fronte a pazienti cos
piccoli, prevalentemente, in grandissima prevalenza femmine, ma anche
maschietti, ci siamo resi conto che possedevamo pochi strumenti adeguati. Le
armi del colloquio clinico o delle sedute familiari eccetera, che
utilizzavamo precedentemente, sono dovute essere integrate con l'introduzione
massiccia dell'uso del simbolico per permettere a questi bambini di
comunicare. Quindi i nostri
interventi sono mutati. Il secondo grande cambiamento stato determinato
dall'inquadramento esterno, l'inquadramento giudiziario. Se prima il nostro
prevalente interlocutore era il tribunale per i minorenni e poche volte
interlocutore era il tribunale ordinario che spesso trascurava questi casi o
procedeva per la sua strada senza una sostanziale integrazione di percorsi.
Addirittura all'epoca, prima diSegreti di famiglia, avevamo, in un
certo qual senso, teorizzato, per lo meno, temporaneamente teorizzato, che
era meglio cominciare ad occuparci di queste famiglie e della loro
ricuperabilit e della possibilit di trattamento dopo che il percorso
giudiziario fosse stato concluso, per conto suo. Poi le cose sono molto
cambiate. Anche prima dell'uscita della nuova legge che estendeva
enormemente l'obbligo di denuncia, cio i casi perseguibili d'ufficio e
quindi faceva arrivare al filtro del tribunale ordinario molti pi
casi di quanti non ne arrivassero in precedenza. C' stata anche prima
dell'uscita della legge una crescente volont, da parte dell'autorit
giudiziaria penale, di non lasciare andare impuniti i colpevoli di abuso
sessuale, perch la punizione spesso anche un modo di protezione del
bambino, in queste situazioni. Quindi sono
cominciati i nostri ripetuti incontri con pi autorit giudiziarie. Vi sono
poi situazioni famigerate, in cui l'accusa di abuso sessuale sorge
mentre in atto una separazione coniugale conflittuale e in cui un terzo
tribunale interviene, il tribunale civile, che si occupa di regolare la
separazione tra i coniugi e quindi le interazioni viaggiano in un mare
tempestoso, in cui la navigazione a vista si impone, in un certo qual senso.
Questo ha mutato talmente il nostro modo di intervenire da farci ritenere
necessario creare all'interno del CBM un settore specializzato con
competenze adeguate e specifiche per seguire queste situazioni particolari
sotto molti aspetti. Il settore, infatti, si chiama, ambiziosamente, ma cos
non un'ambizione, una speranza, un programma, si chiama Unit per
la cura e la ricerca nell'abuso sessuale ed nato, appunto, dal
'95. Dal momento della sua apertura a tutt'oggi, io ne sono responsabile;
parte dello staff del C.B.M. lavora esclusivamente in questa unit, parte,
invece, condivide anche l'intervento sui casi di maltrattamento e
trascuratezza. Uno dei problemi emergenti che abbiamo dovuto affrontare
,quanto pi le nostre pazienti, i nostri pazienti diventavano piccoli,
stato proprio quello relativo alla tematica delle madri ed attualmente
stato persino necessario provvedere ad una revisione dei nostri
concetti sul ruolo del genitore non abusante all'interno delle famiglie
incestuose. Questo genitore prevalentemente la madre, perch l'abuso
prevalentemente da parte dei padri , circa il 95% dei casi.. Poich l'abuso
avviene prevalentemente da parte dei padri, quindi la risorsa potenzialmente
dovrebbe essere rappresentata dal genitore non abusante, cio dalla madre.
Sulla madre non solamente noi, ma in armonia con tutto quello che si
riscontrava nella letteratura mondiale, si addensavano scure nubi. Si parlava
della madre come complice, si parlava di una complicit psicologica, si
parlava del fatto che la madre poteva non sapere. Ancora adesso nei confronti
di questa figura gli operatori hanno spesso degli spunti di
insoddisfazione e di rabbia, perch fanno ancora riferimento a dei concetti
che, invece, piano piano, nel corso del tempo, siamo stati costretti e
fortunatamente costretti, a rivedere molto. E dicevo che in Segreti
di famiglia e in La famiglia maltrattante, ci sono
moltissime citazioni che fanno riferimento al fatto che, in qualche modo, la
madre non abusante, il genitore non abusante ha una parte importante nel
sorgere della situazione incestuosa, nella costruzione, si potrebbe dire,
della situazione incestuosa. Le nostre idee
sono molto cambiate in proposito. Nel '99 ho avuto, cos, l'occasione di una
ospitalit su Psicobiettivo, in cui si faceva un focus, per l'appunto,
sull'abuso sessuale con interventi di terapeuti familiari, di cognitivisti,
di psicoanalisti, cio terapeuti che facevano riferimento a dei modelli differenti
e ho avuto, appunto, l'occasione di scrivere questo articolo che ha come
titolo significativo Come eravamo. Il titolo di questo articolo
gi la dice lunga sulla necessit di guardare, dare uno sguardo al passato,
come un passato che, sia pure assolutamente da non rinnegare, perch ha
formato la base di pensiero per le verifiche successive e quindi anche per il
pensiero del presente, tuttavia non pu pi essere completamente
condivisibile. Attualmente, la nostra idea molto diversa sia su
come si costruiscono le situazioni incestuose sia sul considerare la madre
non protettiva, la madre che non si accorta di nulla, che non ha
visto sulla quale tutti si chiedono: "Ma com' che in 80 metri
quadri di appartamento non si accorta di niente, per anni, eccetera,
eccetera". La madre cieca, la madre sorda, la madre muta e che resta
muta a volte anche dopo, viene inquadrata in una maniera molto diversa: come
una vittima tra le vittime, certamente Tutte le vittime agiscono in
modo da non sottrarsi efficacemente al loro ruolo di vittima. Per, molto
diverso vedere la madre come una complice attiva, come una costruttrice
attiva e come qualcuno che pu guadagnare qualche cosa dalla costruzione
della situazione incestuosa per s o vederla, invece, come una vittima,
sicuramente cieca, sicuramente sorda, sicuramente inconsapevole e non
giustificabile nella sua non consapevolezza, ma, tuttavia, come vittima
insieme con l'altra vittima. Approfondendo i nostri pensieri anche
relativamente al cambiamento della casistica, ci siamo successivamente resi
conto che il genitore non abusante, quasi sempre la madre nella famiglia
incestuosa anche un fattore protettivo di primo ordine, il miglior
fattore protettivo possibile. Nulla di quanto noi potremmo mettere in campo
potrebbe avere la stessa efficacia sulla capacit di potenziare quelle
risorse che permettono di riparare gli esiti tremendi della vittimizzazione
sessuale nel bambino, quanto la madre: non una terapia, non un
inserimento in altri luoghi protettivi, meno che meno istituti, meno che meno
comunit, sia pure ottime comunit, meno sicuramente anche di una famiglia
alternativa, che sia una famiglia affidataria, o che sia una famiglia
adottiva addirittura. Niente pu avere
lo stesso potere di guarigione per la vittima del trovarsi accanto la propria
madre. E' una cosa su cui abbiamo dovuto piegare il capo, perch, facendo
parte del grande alveo delle professioni di aiuto, a volte la nostra
ambizione, la nostra illusione quella di poter essere sostitutivi di
altri legami . Non c' mai niente di altrettanto della madre. Quindi abbiamo
cominciato a chiederci, perch non investire le nostre energie principalmente
nel rinforzare le madri invece di curare i bambini, di costruire per loro
delle esperienze sostitutive. E cos la nostra mentalit, il nostro modo di
intervenire ha cominciato a cambiare. Devo dire che durante un recente
corso di formazione, che io tengo tutti gli anni e che ha come titolo Percorsi
psicodiagnostici nell'abuso sessuale, abbiamo affrontato il tema
delle rivelazioni dei bambini, sia quelle riferite dalle loro madri, sia
quelle raccontate direttamente dai bambini. Di fronte a questi racconti, gli
operatori presenti, pur avendo una lunga esperienza, hanno reagito spesso con
moti di discredito, di ostilit, di rabbia. Ah la madre suggestiva, ah la
madre induttiva, ah la madre inferocita nei confronti del presunto autore
dell'abuso sessuale e che per colpirlo strumentalizza il bambino eccetera,
eccetera. Casistica che, per
la verit, noi abbiamo trovato pochissimo tra i nostri pazienti e che forse
pi una costruzione della realt, che una realt. Queste reazioni sono
spiegabili perch, quando si viene a contatto con una realt come quella
dell'abuso, la madre della vittima spesso suscita sentimenti negativi. Su di
lei ci sono dei sospetti, ci sono molte ombre, se pu cadere l'ipotesi che
sapesse davvero e facesse finta di non sapere, raramente riusciamo a sfuggire
all'idea che se veramente non sapeva, pur avendone dei segnali, certo ci doveva
essere in lei qualche grave anomalia. Frequenti sono le allusioni
al fatto che la madre, all'interno di queste famiglie,
portatrice di patologie, portatrice di insufficienze importanti nella
strutturazione della personalit e che questo sia, in un certo qual senso il
vero problema: questa una tematica fortemente emergente, a quanto devo
giudicare dai corsi di formazione che io tengo, in cui queste discussioni si
fanno continuamente, proprio sulla scorta di materiale che stimola molto il
pensiero. Mi ha molto
confortato rileggere, ultimamente, un bel capitolo, scritto da Judy Hermann,
una tra le pi sensibili, pi condivisibili autrici nel campo
dell'abuso sessuale , che ha scritto, ancora nel '91, un bellissimo libro, da
cui, devo dire, ho un po' scopiazzato il titolo del mio, anche se i contenuti
poi sono diversi, che si intitola Trauma and recovering. Il libro
mio, uscito nel '98, sulla terapia nei casi di abuso e sessuale Trauma
e riparazione e prende pi in considerazione quegli aspetti
relativi alla ricostruzione sociale, e alla ricostruzione nella vita
reale. Tuttavia, questo libro, Trauma and recovering si
occupa di survivors di trauma e non nasconde la sua vena femminista, per una
vena femminista di totale dignit, di assoluta dignit. E quindi si occupa
delle survivors alle situazioni traumatiche, sia abuso o grave maltrattamento
subito nell'infanzia, sia traumi che ancora continuano, per esempio le
donne vittime della violenza intrafamiliare, le donne che vengono picchiate,
in sostanza. C' un'analisi acutissima della Hermann circa il fatto che
la grande preoccupazione dei tecnici sia quella di scandagliare, inquadrare,
ipotizzare aiuti per la carente personalit della donna picchiata, cercando
di farle intendere come fosse colpa sua essere picchiata. E questo la Hermann
lo giustifica e lo articola attraverso acutissime osservazioni e alla fine
della lettura sorgono molte domande sull'opportunit di mettersi nell'ordine
d'idee che colpa della vittima stessa essere vittimizzata e che il pi
grande sostegno deve essere dato alla vittima, perch faccia qualche cosa per
non essere pi vittimizzata e che segno di guarigione che la vittima
accetti, in un certo qual senso, o che venga a patti con la propria
vittimizzazione. Perch questa la conclusione a cui arriva questo
brano sulle donne picchiate della Hermann. Questo pu essere d'aiuto
anche nei confronti delle madri nelle situazioni incestuose. Quando sono
adolescenti le vittime implicate pu sembrare a chi esercita professioni
d'aiuto, assolutamente fuori luogo stigmatizzare ulteriormente la
vittima, colpevolizzandola per la situazione in cui si cacciata o a cui non
si sottratta. Ancora di pi quando le vittime sono piccole: quale colpa si
pu dare ad una bambina che comincia ad essere abusata sessualmente a un anno
e mezzo o a tre anni e che poi arriva a fare la sua rivelazione a quattro o a
cinque anni? E' un po' difficile trovare delle motivazioni per cui ci sia una
sua sensata, razionalizzabile complicit in quello che le successo. E
allora l'ostilit si sposta sul versante delle madri che non hanno visto, che
non hanno protetto, che non hanno fatto, che forse sapevano, che forse gli
andava anche bene cos e questo un movimento istintivo con cui deve fare i
conti. Credo che esso sia
anche molto caricato dal vedere le madri tanto potenti all'interno delle
situazioni su noi ci troviamo ad intervenire. Perch vero che un fattore
su cui si aprono dei dubbi, ma anche vero che la madre ha una
funzione cruciale all'interno delle situazioni incestuose. Il genitore
protettivo veramente l'ago della bilancia, quello che permette, nel
momento in cui c' il primo affioramento, il primo consistente affioramento
della situazione, veramente quello che pu far virare la situazione verso
una disperazione oppure verso una possibilit di recupero. Molto spesso io
dico che, per le vittime di abuso sessuale, tanto pi, quanto pi sono
piccole, nonch, pur non toccando nulla del fatto che assolutamente
doveroso che affiori la situazione di vittimizzazione in cui sono, tuttavia,
dal momento in cui questa situazione affiora, spesso la vita si disegna come
un viaggio dall'inferno, di prima, al deserto di dopo. Ed molto difficile
scegliere tra l'inferno e il deserto e quindi anche stigmatizzare le vittime
che poi, ad un certo punto, decidono di dire "non vero niente, ho
detto una bugia, mi sono sbagliata, ho frainteso, gli voglio tanto bene, ci
voglio ritornare" eccetera, una cosa che dovrebbe farci riflettere.
Non cos facile condannare chi davanti a s ha solamente la scelta di
ritornare nell'inferno di prima, vagamente caldo, oppure avviarsi verso
un deserto che comporta lo scioglimento di tutti i legami. Se la madre si schiera
con la vittima o riesce, da noi, ad essere conquistata perch possa fare
emergere delle risorse a favore della vittima, non ci sar un passaggio
dall'inferno al deserto, ma ci sar il passaggio dall'inferno a un luogo in
cui la riparazione possibile. E nel deserto, come dicevo prima, lo
risottolineo, per quanto si possano aiutare i bambini a fare dei lutti
rispetto a quello che hanno perso, tuttavia la perdita c' ed un secondo
trauma, che si somma ai traumi precedenti. Questo non significa che bisogna
mantenere legami velenosi, legami attualmente pericolosi o legami che non
sono legami, che sono solamente una facciata di cartapesta dietro alla quale
il legame, in realt, quello che costruisce, quello che rappresenta il
fondamento della costruzione della personalit umana, in realt non c'
affatto. Tuttavia, anche l'assenza di legami una cosa praticamente
insopportabile e indurre un bambino a poter sperare di nuovo che,
nonostante il disastro della sua vita e il deserto e la desertificazione
della sua vita, ci potr essere una possibilit per lui di mettere radici
altrove, molto, molto difficile. molto arduo. Molto meglio , viceversa,
puntare su questo fattore potente. anche vero, per, e questo ce lo
dobbiamo dire, che nell'avventurarci in questa strada, corriamo molti rischi.
Quante sono, secondo voi, le madri che credono ai loro bambini, quando i
bambini fanno arrivare segnali di essere stati abusati sessualmente dal loro
partner, dal loro marito, comunque all'interno di una compagine familiare?
Le nostre rilevazioni statistiche mettono in luce che il 32% circa delle
madri si mettono dalla parte delle bambine. La letteratura
internazionale, che, per come sono costruiti i database, le psyclit eccetera,
fa riferimento, soprattutto, alla letteratura americana, negli anni
'90, quindi circa 10 anni fa, faceva salire al 40% le madri che si
mettevano dalla parte dei bambini vittime, dei loro figli/figlie vittime.
Adesso, a distanza di 10 anni, ci sono dati pi confortanti in letteratura, che
dicono che le madri che credono alle figlie sono il 60-70%, anche se poi
queste madri che credono non sono tutte in grado di diventare dei genitori
protettivi, per una serie infinita di motivi e quindi possibilissimo che
questo buono spunto di avere una immediata adesione a quello che il bambino
va dicendo, poi non possa tradursi in concrete azioni di protezione, in
proprio, perch non ne hanno le risorse, e che quindi le vere madri
protettive scendano ancora al 50%. Desidero
comunicarvi una particolarit: nel nostro campione, le madri protettive, che
corrispondono a un terzo, pi o meno, della nostra casistica, sono nella
grandissima prevalenza le madri separate. Quelle che si erano gi, in
precedenza, separate o quelle che nell'imminenza dell'emergere del sospetto
di abuso sessuale prendono una decisione definitiva di separazione. E quindi,
anche questo va un po' a cozzare con il mito imperante che vorrebbe fare
delle madri separate le streghe che strumentalizzano i loro poveri bambini,
per colpire i loro poveri e innocenti ex mariti. Almeno, nei nostri riscontri
questo non c'. Mi chiedevo
se appunto c'era una correlazione fra un conflitto di coppia gi in atto e
l'attendibilit che la madre d al racconto proprio cos. Ci
sono delle autrici, per esempio la Foller, che fa una disamina molto precisa
di questa dinamiche, di come sono connesse le dinamiche collegate alla
separazione. Separazione coniugale non un evento, non quando si firmano
le carte, non neanche quando ci si separa di fatto, un processo che si
distende nel tempo e che passa attraverso una serie di fasi. E c' proprio
una correlazione molto precisa disegnata dalla Foller, questa autrice
americana, tra questa fasi attraverso cui passa la separazione, e anche la
separazione conflittuale, e la possibilit per il bambino di pensare che ci
siano orecchie che possono ascoltarlo. Perch anche i bambini sono strategici
e quindi calcolano un po' in anticipo se opportuno rivelare il segreto o
arrivano all'estremo e quindi il loro un grido di aiuto per la
disperazione: "non posso resistere neanche un'altra volta" e quindi
il racconto determinato da un fattore di urgenza che inerente alla diade
abusante/abusato, o, altrimenti, calcolano qual il momento propizio, dal
punto di vista relazionale, per poter fare arrivare il messaggio in
bottiglia. Infatti il bambino pu avere in certi momenti pi speranze di
essere ascoltato e in certi altri momenti meno. Uno dei momenti clou in cui
pu emergere una rivelazione di abuso sessuale da parte del bambino proprio
quando nell'immediato dopo separazione, di fatto, c' un minimo
riequilibrarsi, riassestarsi della vita, c' un'attenuazione, diciamo, un
allentamento dei vincoli di lealt che il bambino sente nei confronti del
genitore non affidatario, che, di solito, il padre. I bambini rimangono,
prevalentemente, affidati alle loro madri e quindi vi un allentamento dei
vincoli di lealt con l'abusante e aumento dei vincoli di lealt con l'adulto
potenzialmente protettivo e c' una speranza che l'adulto potenzialmente
protettivo, la madre, sia uscita dalla grande turbolenza che ha circondato la
fase "mi separo/non separo, vado/non vado" e c' la paura, che
subentra, di poter essere ancora nelle mani del genitore abusante: il padre,
separato e non affidatario, l'abusante, la madre, con cui il bambino
rimane, il genitore affidatario e potenzialmente protettivo e quindi sono
tutti questi fattori che legano di pi il bambino al genitore protettivo e
interrompono, allentano i vincoli di lealt con il genitore abusante e
compare la paura, che spesso un grilletto importante, da parte del bambino,
di avere delle condizione, delle situazioni in cui sar affidato al genitore
abusante, senza nessun controllo possibile. I diritti di visita, le lunghe
vacanze, le vacanze estive, le vacanze natalizie, per l'appunto, e
spesso tutti questi fattori fanno da grilletto e fanno
decidere il bambino che quello il momento giusto per fare arrivare il suo
messaggio in bottiglia. Dall'altro lato, vero che, quanto pi anche per
l'ex mogli i legami con l'ex marito o l'ex partner si sono
allentati tanto pi possibile per lei ascoltare , essere disponibile ad
ascoltare quello che il bambino dir. Allora, alla
luce di tutti questi dati e del fatto che sensato e saggio puntare su
questo potente fattore, che pu anche essere un fattore disequilibrante, per
renderlo, invece, un fattore di equilibrio, un fattore di riparazione,
bisogna anche rivedere i nostri concetti di base rispetto a: il ruolo della
madre all'interno delle dinamiche familiari, parliamo sempre della famiglia
incestuosa, e della configurazione della diade madre/figlia all'interno di
queste situazioni. Ho gi accennato prima che, rispetto all'idea della madre
attivamente o almeno psicologicamente complice nella costruzione della
situazione incestuosa, le nostre idee si sono fortemente divaricate da quella
posizione: ora la vediamo come una vittima. Attualmente, questo schema
ci sembra il pi applicabile, pi duttile e pi funzionante e pi funzionale,
anche, perch gli schemi devono essere funzionali agli interventi.
Perch, poi, conoscere la verit, quella proprio vera, vera, vera, vera, a
parte la Bibbia, non so bene quanto possibile raggiungerla in questa
materia, che la materia delle relazioni umane, delle dinamiche umane
eccetera, eccetera. E, quindi, bisogna che gli schemi siano il pi possibile
adeguati alla realt, certamente, ma anche il pi possibile funzionali
all'operativit. E allora lo schema
migliore in questa direzione ci sembra ancora quello che stato stilato da
Finchelor, un grossissimo teorico di questa situazioni, nel 1984, nel
suo libro. Aveva gi allora ipotizzato che per il precipitare di una
situazione incestuosa, di un abuso intrafamiliare, erano necessarie alcune precondizioni,
che dovevano essere contemporaneamente presenti. La prima
precondizione, quella fondante, il motore, l'esistenza di un impulso
nell'abusante. Cio, il motore l'abusante. Il complesso delle relazioni che
lo attorniano non in grado di mettere barriere all'impulso
dell'abusante. Finchelor prende in considerazione due precondizioni che
fanno riferimento all'abusante: la prima riguarda l'esistenza di un impulso
nell'abusante, impulso che non di natura sessuale, il cui termine
psicologico divoramento, un divoramento psicologico quello
che l'abusante fa della vittima, non affatto una partnership di tipo
sessuale. Pensate agli abusanti, ai padri che abusano delle bambine di due
anni cio, pensare una partnership sessuale, veramente una parola
forte. E quindi quello che si va a cercare un'altra cosa, quello
che viene definita come sessualizzazione del rapporto con un partner
debole, ci che importa all'abusante avere un partner debole.
Questo partner debole pu diventare il mezzo attraverso cui l'abusante,
attraverso dinamiche fusionali, cerca di riempire nodi carenziali propri. E
quindi non cerca lo stabilire una partnership paritaria, come dovrebbe essere
nell'esercizio dell'attivit sessuale, ma, viceversa, cerca questo
conglobamento, questo divoramento, questo utilizzo, questa
strumentalizzazione, vittimizzazione, per l'appunto. La pi perfetta metafora
di questo impulso dell'abusante, se vogliamo usare le favole, che ci
insegnano tante cose, la favola di Cappuccetto Rosso: "dove vai bella
bambina la mangi in un sol boccone". Perch la favola di Perrault l
finisce, i cacciatori non ci sono. Noi abbiamo inserito successivamente il
cacciatore che mi va pure bene, per l cacciatori non ce n'erano. E si
comincia da questa seduzione, che una seduzione per il divoramento, per
l'annientamento. Questo l'impulso dell'abusante, impulso forte, tanto da
sorpassare le barriere. Perch tutti, l'abusante compreso, hanno delle
barriere difensive. L'incesto fortemente interdetto, un reato. Voglio
dire, non solamente interdetto culturalmente, interdetto psicologicamente,
interdetto moralmente ed anche un reato per il quale l'ultima legge ha
alzato le pene enormemente. Quindi vi sono grossi rischi. Ci vuole, quindi,
una forte spinta per sorpassare tutto quello che farebbe da remora alla messa
in atto. E qui
interviene il secondo fattore di Finchelor, che fa riferimento al fallimento
dei meccanismi di difesa dell'abusante. Gli altri due fattori, le altre
due precondizioni fanno riferimento alla caduta dei baluardi esterni. Esterni
a che cosa? Esterni non nella societ, esterni alla diade abusante/abusato. E
la terza precondizione parla del fallimento della possibilit di opporsi del
mondo esterno, fallimento dei meccanismi di controllo nel mondo esterno a
questa diade. E quindi si fa riferimento alla responsabilit dell'adulto non
abusante, all'interno della famiglia, e quindi dell'adulto potenzialmente
protettivo, la solita madre. E l'ultima precondizione ancora all'interno
della diade abusante/abusato: la vulnerabilit della vittima. Il fallimento
della naturale propensione della vittima a sottrarsi all'abuso, che pu
essere dovuto a cento fattori. Pu essere dovuto al legame di dipendenza, pu
essere dovuto a un legame lento di dominanza psicologica, che l'abusante
stabilisce sulla vittima. L'abusante tesse una ragnatela. L'abusante
intrafamiliare non ha niente a che vedere con il cosiddetto pedofilo n con
lo stupratore. Abusante intrafamiliare un divoratore, un lento divoratore.
un seduttore, che utilizza la seduzione per arrivare al divoramento e che
tesse una ragnatela. Esattamente come un ragno. Difficilmente la povera
vittima riesce a vedere la costruzione della ragnatela ed per questo che
continua a rimproverarsi per tutta la vita di essere entrata in quella
ragnatela, senza aver visto che la ragnatela era stata costruita proprio
perch lei ci entrasse. E questo fa parte dei problemi, degli intrichi enormi
che circondano questo tipo di maltrattamento che avviene nei confronti dei
bambini. Comunque, la vittima pu diventare vulnerabile per molti motivi e
questa una delle quattro precondizioni, che, solamente nella loro
contemporaneit, daranno luogo ad un abuso sessuale intrafamiliare. Lo schema
molto interessante perch proprio quello che mette la madre, l'adulto
protettivo, nella posizione del baluardo che cede, del baluardo inefficace e
non nella posizione del costruttore attivo. Quindi, questo il primo
concetto che dobbiamo mettere a punto. Dall'altro lato, dobbiamo pensare che
ci sono dei mezzi che l'abusante utilizza per arrivare alla messa in atto del
suo impulso. I mezzi che l'abusante usa sono, prevalentemente, di due generi:
uno quello che i francesi chiamano emprise, dominanza
psicologica, quello a cui accennavo prima, la costruzione della ragnatela,
ragnatela rivolta senz'altro alla vittima, ma anche tutto
l'entourage familiare. Viene tessuta una rete, un intrico relazionale da cui
molto difficile tirarsi fuori e all'interno del quale molto difficile vederci
chiaro. Il secondo mezzo che l'abusante utilizza la fruizione, possiamo
dire, a piene mani, del diniego, della negazione, in tutte le sue forme e
nelle sue infinite sfumature. L'abusante sparge una nebbia. La nebbia
essenzialmente a suo favore. Perch l'abusante non pu vedere e
continuare a vedersi abusante. Quante volte, anche quando le situazioni
arrivano allo scoperto, vi il totale rifiuto da parte dell'abusante,
di riconoscersi tale. O non si riconosce tale in assoluto, nel senso che nega
totalmente l'esistenza dei fatti. O ne ammette una parte, ma pensando che non
ne era consapevole, che non ne era responsabile, che, comunque, non ha fatto
alcun male alla vittima. E che forse la vittima anche se le andato a
cercare e che se lui si trovato in questa circostanze, la colpa di
qualcun altro, minimizzando sempre, comunque, la portata dei fatti. Questo
diniego di cui vediamo l'affioramento cos brutale dopo la
rivelazione dell'abuso sessuale, funziona anche prima. Moltissime madri, mogli
dicono: "Non avrei mai potuto sospettare questo di mio marito".
Moltissimi abusanti hanno un'attivit sessuale multipla: contemporaneamente
uno dei nostri aveva la figlia, la moglie e un'amante. Quindi,
sotto questo punto di vista, non si possono pi sostenere quelle teorie che
una volta utilizzavamo: la moglie fredda, che spinge il marito nel letto
della figlia. Certo, esistono anche questi casi, ma non sono senz'altro i
casi prevalenti nell'esperienza clinica. Ed quasi impossibile
rendersi conto di quanto sta accadendo perch chi l'autore, chi il
portatore dell'impulso, utilizza a piene mani questi meccanismi di
segregazione di quella parte di s, per cui abbastanza difficile che anche
gli altri possano accedere a sospetti, a segnali, che possano
indirizzarli verso l'idea che questa parte segregata esista. Quindi, la
nebbia che l'abusante sparge una nebbia che coinvolge, in grandissima
misura, anche l'adulto protettivo ed uscire dalla nebbia un tremendo
strazio, un dolore. Voi sentirete qualche cosa di quello che dicono le
nostre vere madri delle vere vittime. il crollo della loro vita. Anche nel
libro Trauma e riparazione c' un capitoletto che dice: Il
crollo del proprio mondo. Il crollo di tutto: il crollo di te come donna,
il crollo di te come moglie, il crollo di te come madre, innanzi tutto, in
primis, il fallimento della propria vita, "allora non ho capito
niente". Una delle mie madri usava questa chiara espressione, dicendo:
"Allora sono stata tutta cretina". Come minimo ti devi riconoscere
questo. Ma in una maniera tale che poi ti porta anche a domandarti come mai
sei stata tutta cretina. Cio, dove sono i buchi dentro di te, per essere
stata cos tutta cretina? Uscire, quindi, dalla nebbia non una passeggiata.
E non neanche uscirne con la spada fiammeggiante, vendicativa e
rivendicativa nei confronti di non si sa che cosa. una necessit che si
tende ad evitare, perch comporta affrontare un dolore. E quindi, le varie
altalene delle madri, che potrebbero diventare protettive e che entrano ed
escono dalla nebbia continuamente, sono pienamente comprensibili, anche se
pericolose, anche se non devono essere giustificate e anche se bisogna che ci
sia un forte sostegno, perch questo altalenare non permanga. E su questo noi
abbiamo, sempre dai nostri dati statistici, un elemento confortante, perch
c' almeno un 20% di situazioni in cui all'inizio del trattamento un
adulto protettivo, non c'era. C'era un adulto potenzialmente protettivo, ma
non un adulto protettivo. E invece, attraverso un lavoro costante, stato
possibile dare al bambino l'adulto protettivo. E quindi, la quota del 32%
delle madri che gi all'inizio si presentano come protettive, pu essere
aumentata di questo ulteriore 20%, che, attraverso un duro lavoro di riconquista,
duro lavoro psicologico, pu diventare un adulto protettivo da affiancare al
bambino. C' un altro fattore ancora che riguarda la madre all'interno delle
dinamiche familiari incestuose ed che il ruolo della madre, la posizione
della madre attivamente attaccata dall'abusante, che fa in modo di
screditare, di scalzare questo ruolo con la vittima. Si dice tantissime volte
e questo pluriconfermato, che tra vittima e madre della vittima non corre
buon sangue. Possiamo dire con assoluta certezza che, nel momento in cui
questa situazioni vengono alla luce, la vittima odia pi sua madre, che
l'abusante, cio suo padre. Sempre. "Perch non mi ha creduto, perch
doveva capire", "ma tu gliene hai parlato", "no mai, ma
doveva capirlo da sola, poi tanto non gliene importava di me" e poi
eccetera, eccetera, eccetera. C' molto pi sentimento di rabbia e di odio e
vissuto di tradimento da parte della vittima nei confronti dell'adulto che
avrebbe potuto proteggere e non ha protetto, piuttosto che nei confronti di
chi ha veramente fatto del male, l'abusante. Dobbiamo pensare che questo non
solamente il risultato delle occasioni perdute, che tante volte ci sono,
delle insufficienze, che la madre pu avere avuto come madre e spesso ha
avuto come madre e quindi di qualcosa che inerente la diade
madre/figlia. Ma inerente all'azione anche che l'abusante fa per
rompere la diade madre/figlia. L'abusante,
nella costruzione della sua ragnatela, fa anche qualche cosa che attivamente
interferisce con la possibilit della vittima di essere meno vulnerabile e di
pensare di avere dietro di s un protettore che potrebbe raccoglierla ed
aiutarla. La madre che esce dalla nebbia e che si accorge di essere stata un
baluardo che ceduto, che si chiede come mai ha ceduto e quali siano le sue
colpe nell'avere ceduto, che fa fatica ad uscire da una nebbia cos
convincente Moltissimi padri incestuosi, a prima vista, ti sembrano al di
sopra di ogni sospetto, hanno un grande potere all'interno dei loro legami
familiari, con persone che, comunque, li amano o li hanno amati. Perch se si
sono sposati, forse sar per qualche motivo. La madre si trova tra le mani
una bambina tutta rotta, a cui deve riparare, essendo lei stessa tutta
rotta e avendo per le mani, come strumento, una relazione, tra lei tutta
rotta e la bambina tutta rotta, che anch'essa una relazione tutta rotta,
per l'iniziativa attiva dell'abusante nel tagliare i ponti possibili di
protezione della vittima. E quindi, cosa succede? Succede che mentre
l'abusante, a piene mani, fa appello al legame con la vittima, anche dopo
l'emergere della rivelazione. Pensate a prima, a quando viene chiesto alla
vittima di mantenere il segreto, di mantenere il segreto per salvarla. Uno
dei casi che ho portato fa riferimento a una situazione in cui
arriva, a un certo punto di una vita molto complicata, la rivelazione
di abuso sessuale da parte della figlia, la prima figlia di una coppia
ricostituita. La figlia rivela alla madre di essere stata vittima di abuso da
parte del padre. E l'esitazione della bambina : "No, io non voglio
dirtelo" alla mamma, dopo aver dato quel segnale che ha poi innescato
nella mamma un processo di pensiero, : "No io non voglio dirtelo,
perch se no tu ti arrabbi con pap". La spinta alla protezione
dell'abusante, che fa continuamente e a piene mani appello al legame:
"Ma voi, comunque, mi volete bene. Ma io, comunque, sono buono. Ma io,
comunque, vi voglio bene", enorme. Dall'altro lato, viceversa, la
madre percepisce la vittima come un muro contro di lei. E quindi, una bambina
tutta rotta, una mamma tutta rotta, una relazione tutta rotta e
l'impossibilit di andare a riparare questa relazione perch, di mezzo,
come se ci fosse un muro che rende la riparazione non fattibile, non
realizzabile. Questa sono le condizioni in cui dobbiamo cominciare il nostro
lavoro, che il nostro lavoro riparativo, che il nostro lavoro di
riconquista di questo, come dicevo prima, fattore protettivo cos potente,
cos potenzialmente, riequilibrante, cos potenzialmente correttivo e
riparativo della situazione che avvenuta. Ma le condizioni di
partenza sono spesso delle condizioni disperate. Noi, oramai, ci siamo
abituati a considerare la madre delle vittime di abusi sessuali, piccole o
grandi, come una grande traumatizzata, una vera, grande traumatizzata come le
figlie. Ma mentre le figlie, o i figli, con la rivelazione come se avessero
innescato una strada di uscita dalla vittimizzazione, il momento della
rivelazione costituisce per le madri il momento della grande loro vittimizzazione,
il momento in cui il colpo secco arriva alla nuca. Ci sono state
delle madri che ci hanno messo molti mesi, un anno addirittura, per uscire
dallo stordimento dovuto al crollo della loro vita. Pensate a quanta pazienza
si deve avere. Se si comincia ad innervosirsi subito, dopo le prime volte che
le vedi , sembrano piene di buchi, come mozzarelle questi sono i tipi di
metafore che usiamo Una delle mie madri diceva: "Dottoressa, non sono
pi una mozzarella, adesso mi sento un leone", ma era passato un anno di
lavoro. Non era un leone, non lo era, per era molto meglio della mozzarella
di prima. Se non si ha abbastanza determinazione, pazienza e costanza
nell'intervento di riconquista della madre traumatizzata, effettivamente si
corre fortemente il rischio di lasciarci sfuggire dalle mani quelle che,
invece, potrebbero essere delle risorse d'oro. E questo un
avvertimento perch non ci si lasci sopraffare da questi sentimenti, che
possono essere di scontento, di grave insoddisfazione, che arriva anche
all'ostilit, nel vedere l'urgenza delle necessit della vittima e nel vedere
che l'altra persona, quella che dovrebbe portare soccorso alla vittima, una
vittima, invece, pure lei. come se fossero due grandi
traumatizzati, usciti dallo stesso incidente automobilistico. Il
recupero, la riparazione della vittima e della madre, in quanto possibile
protettrice della vittima, comportano tempi lunghi e noi ci troviamo ad
affrontatre anche seri problemi economici, perch le ASL intervengono molto
poco. Pu essere un
movimento istintivo prendersela con le madri. Delle ragioni ci devono essere
e queste ragioni fanno riferimento, io ho colto questo, alla supponenza dei
terapeuti, di chi fa le professioni di aiuto Ci sono dei
fattori culturali, per cui nello sforzo di respingere da s l'identificazione
con colei che non ha visto, non ha sentito, non ha colto, non ha capito
e proietta all'esterno, allora ci si arrabbia con questa parte di noi.
interessante e devo dire che anche questo pezzo cos delizioso della
Hermann a cui accennavo, non riconosce delle precise ragioni. Descrive:
succedono questa dinamiche, succede la dinamica per cui, alla fine, la colpa
di essere picchiata tua. E lo descrive molto bene, articolatamente, non
grezzamente come adesso ve lo sto restituendo io. Per non dice: c' questa
ragione sensata o non sensata per cui avviene. un fenomeno che avviene.
Avviene anche nei seminari di sensibilizzazione organizzati
dal CBM sugli interventi nei casi di abuso sessuale in cui si spiegano le
caratteristiche, cio le basi fondamentali. C' sempre, all'interno della
platea, comunque sia, dovunque sia, in Italia o all'estero, qualcuno che si
alza e chiede: "E la terapia dell'abusante"? Non c' un cane morto,
che chieda: "Ma la madre ha bisogno di qualche aiuto"? Non c'
nessuno, mai. Cio, oramai un classico. un must, in tutti i seminari c'
sempre qualcuno che si preoccupa del recupero dell'abusante.
Giustissimo. Ma non c' nessuno che dica: "Ma queste disgraziate,
che si trovano poi i rottami per le braccia, avranno bisogno di qualche
cosa"? Intervento:
io lavoro soprattutto con gli adolescenti e mi trovo assolutamente d'accordo
su molti punti di vista, sull'abusante che uno che divora. Io ricordo il
primo colloquio clinico, con un ragazzo adolescente ed i suoi genitori
ed ho avuto proprio questa sensazione che il padre avesse mangiato il figlio.
La madre parlava del figlio quando era bambino e diceva delle cose. Ad un
certo punto il padre la interrompe e parla lui del bambino. E io ho avuto
questa stranissima sensazione, come se il padre avesse mangiato il bambino e
sapesse tutto lui, fosse solo figlio suo. E poi, quando ho visto i genitori
separati la madre si ammutolita. La madre aveva ed ha, dopo anni,
nonostante il ragazzo fosse riuscito a parlare del suo dramma, lo
stesso atteggiamento del figlio. Cio, quello che mi colpiva, le poche volte
che ho visto la madre, che aveva lo stesso sguardo del figlio. Non so I divorati erano
due. Erano due.
Per nel momento in cui il figlio aveva trovato la forza di parlarmene e di
parlarne al padre e alla madre, il ragazzo dice che la madre era come
se non lo ascoltasse e poi gli dice: "Forse meglio che non vai pi
dalla terapeuta, vai dal pranoterapista". Il
padre mi telefona, arrabbiatissimo, e mi dice che il figlio mi ha raccontato
probabilmente delle baggianate, nega. Anch'io sono dell'avviso che
importantissimo, per l'abusato che la madre si allei, in qualche modo, con
lui. Perch sicuramente il fattore, secondo me, pi importante, proprio
rigeneratore. Se si possono rigenerare delle radici che sono state
danneggiate avvelenate
avvelenate, secondo me proprio questo riconoscimento da parte della madre.
Non sempre questo possibile. Forse lei lavorando con i bambini piccoli, in
qualche modo, ha a che fare con la madre, ma le madri degli adolescenti
sono difficilissime da trattare. Cio, quando queste madri in tribunale mi
hanno affrontato dicendomi: "Ma lei non capisce niente, ma come si
permette, ma guardi che le mie figlie le hanno raccontato un sacco di
frottole" e io so che, comunque, per quelle ragazze o, in questo caso,
per questo ragazzo, per altri casi anche se la madre nega ed una madre
sicuramente con dei grossi problemi, una madre che va aiutata. Ma come
si fa? Noi le andiamo a
cercare e le coinvolgiamo fin dal primo momento. Certo, noi lavoriamo in un
contesto in cui ci sono gli invii coatti e quindi, ovviamente, c' un decreto
da parte del tribunale che ritiene che chi esercita la potest genitoriale
debba fare determinate cose e non determinate altre e quindi mette anche
delle regole in questo. Questo permette l'avvio del rapporto. Questo
rapporto, una volta avviato, per deve essere tenuto in maniera stringente
perch nulla si pu fare se, ovviamente, come dice il proverbio, puoi portare
l'asino alla fontana, ma non puoi costringerlo a bere, e giustamente, invece,
quello che noi vogliamo fare che far sorgere la voglia di bere, altrimenti
non otteniamo assolutamente niente. E quindi, anche se l'invio coatto, da
subito cerchiamo di costruire questa voglia di bere alla fontana e di
conquistarci l'adulto protettivo. E lo facciamo sino allo spasimo. Direi che
uno dei nostri maggiori investimenti. Bisogna avere un contesto in cui
questo sia possibile, insomma, che l'aggancio, almeno, possa avvenire.
Abbiamo sempre risultati positivi? No. Vi ho detto che le nostre riconquiste
innanzi tutto, un grandissimo lavoro va fatto solamente per sostenere quelle
poverette che gi si presentano come protettive, ma la loro capacit di
esprimere fattivamente la loro protettivit estremamente bassa, da grande
traumatizzata. Quindi, gi il sostegno deve essere enorme. Il
sostegno non deve essere solo diretto alla madre, ma anche alla
ricostruzione della relazione madre/figlia, perch tra loro due
si possono cementare e ciascuna pu prendere dall'altra la forza di
ricostruire se stesso, pur mantenendo lo sbilanciamento dei ruoli,
ovviamente. E poi, in un altro 20% dei casi, riusciamo a riconquistare quelle
che stanno nella nebbia e che pensano che sarebbe la distruzione della
propria vita uscirne; le aiutiamo invece a vedere qualcosa di positivo
nell'uscire dalla nebbia e a farle diventare, quindi, protettive. Una delle
mie madri, mi ricordo, di tanti anni fa rimasta pervicacemente una
madre che non ha creduto, che si schierata dalla parte del marito e che
quindi ha portato all'abbandono della figlia, che era stata abusata la
figlia ha denunciato intorno ai 12 anni, l'abuso era cominciato intorno agli
8 anni, quindi gi una fortuna, non in maniera estremamente precoce. La
bambina , quando le cose sono andate oltre un certo limite, che era il limite
della sua sopportazione, ha approfittato di un articolo sui giornali,
l' ha messo sotto il naso della madre, dicendo: "Anche pap mi fa
cos". E la madre ha raccontato, perch io mi ricordo d'averla vista
poco tempo dopo,di aver passato la notte nel letto matrimoniale, accanto al
marito, cosa fai? Tua figlia ti dice questa roba, poi, comunque, si va a
dormire. La casa quella che . Ha passato la notte con un vissuto, con
un'angoscia di morte spesso la rivelazione, quello che io chiamo il trauma,
il colpo nella nuca, prende la forma di un'angoscia di morte, angoscia di
morte fortissima. Lei diceva:
"Era come se avessi un macigno sopra e non potessi muovermi". Per
tutta la notte, fin quando alla mattina si svegliata e ha detto: "Non
pu essere vero". Ma si pu capire. In quell'occasione, noi non siamo
riusciti assolutamente a fare niente per toglierla da questo dilemma: morire
oppure sopravvivere cio, morire nel vedere oppure sopravvivere nel non
vedere. Perch poi sopravvivere, ovviamente. Non vivere, sopravvivere.
Un'altra delle mie madri, tailandese, quindi con una conoscenza dell'italiano
molto grezza, diceva queste precise parole: "Vedere morire". Io
facevo con lei un paragone, dicendo: "Ma lei preferisce immaginiamo che
siamo sull'orlo di un burrone. Lei preferisce avere gli occhi bendati e
camminare sull'orlo del burrone con gli occhi bendati, cos non si spaventa,
per corre il pericolo, gravissimo, di caderci dentro. O preferisce togliersi
questa benda, guardare il burrone, spaventarsi, per avere la
possibilit di salvarsi?". E la sua risposta a questa metafora stata:
"Dottoressa, vedere morire". E io le posso capire, anche se non
le approvo minimamente. mi
chiedevo se questi parametri che ha descritto sono simili anche quando la
famiglia non formata da un padre, ma da un convivente. C' una
variabile notevole. Per esempio, l'abusante non il padre biologico, ma il
nuovo marito. Ci sono
naturalmente delle varianti che per dipendono da caso a caso, non
specificamente da quella condizione, perch quella condizione pu voler dire
che il legame meno importante, ma pu voler dire il contrario: il legame
pu essere pi importante, perch, dopo un fallimento matrimoniale, chi opera
una seconda scelta sa che non ne avr proprio infinite nella vita ,
quindi, se va male anche questa volta, poi che fa? E quindi
l'investimento sul secondo legame e sulla necessit di cementare in questo
secondo legame non solamente la coppia, ma anche la diade
figliastra/patrigno, pu essere talmente forte da rendere ancora pi
impossibile rinunciare a questo secondo legame, che al primo. Perch non ci
si pu permettere, parliamo dal punto di vista della madre, un secondo
fallimento. Infatti,
in quell'esempio che ho portato delle due ragazze, il molestatore era il
convivente, il secondo marito, perch l'aveva poi sposato in seconde nozze,
anzi il terzo era. Quindi, a quel
punto basta
nonostante l'abusante sia stato condannato dal tribunale, quindi, diciamo la
sentenza stata a favore delle figlie, la madre ha detto: " un
errore, di errori il tribunale ne fa tanti. Questo un errore". Molto
interessante il discorso che lei ha fatto su a proposito del Tribunale. Il
dover lavorare parallelamente con la giustizia, con il tribunale dei minori,
il tribunale ordinario, nel fare un lavoro di recupero della madre nel
momento in cui, invece, c' stato un allontanamento, un inserimento del
bambino in Comunit, il lavoro di recupero molto difficile. Nel momento in
cui i tempi della giustizia sono dei tempi diversi da quelli di un lavoro
psicologico, ma soprattutto nel momento in cui non ci sono poi delle
evoluzioni anche pratiche, questo lavoro psicologico per cercare di
ricostruire, uscire dal trauma, dalla confusiones'interrompe. Questo, mi pare di
capire, avviene in un contesto in cui il lavoro psicologico con la
madre non era collegato all'intervento del tribunale per i minorenni. Cio,
nei nostri casi, il tribunale per i minorenni dice: il bambino, per ora non
al sicuro e quindi via, per, facciamo un lavoro sulla madre o sulla famiglia
e vediamo se ne viene fuori qualche cosa. Il contesto
in cui opero rende pi difficile il lavoro: il servizio sociale ha un
indirizzo che non pu essere lo stesso del servizio psicologico, della
neuropsichiatria, per cui, chiaro, il tribunale dei minori fa delle scelte.
Successivamente interviene il tribunale ordinario, perch a seguito di
denunce, viene richiesto l'allontanamento del minore. Altre difficolt
sono costituite dal collegamento tra tribunale ordinario, tribunale dei
minori con dei tempi diversi un non collegamento. Per cui la grossa
difficolt, al di l del lavoro psicoterapeutico, quella di riuscire a
mettere insieme questi interventi, coordinare questi progetti. Certo, questo che
lei dice mi fa venire in mente due associazioni, che non sono delle risposte.
Un'associazione sui tempi che ci si deve dare per il recupero
della madre come risorsa protettiva, perch i tempi dei bambini non
sono dei tempi infiniti. Quindi necessario, a un certo punto, porsi il
dubbio se non si riusciti ad ottenere nessun piccolo cambiamento in 3 mesi,
6 mesi, 9 mesi, a questo punto vale pi la pena di avviare il bambino
all'elaborazione di un lutto, perch, poi, attraverso il lutto, possa
emettere delle altre radicine, che non saranno mai come quelle di prima, mai,
per qualche radicina ancora pu emetterla in una situazione sostitutiva.
Oppure vale la pena di continuare ad insistere e a mantenere lui in una
sospensione, in cui i suoi investimenti sono ancora tutti nella
direzione del passato, la sua testa tutta voltata indietro. Queste sono
certamente delle decisioni cruciali, delicatissime, che devono essere
prese caso per caso. Esiste un altro problema, rispetto a come pu essere
inquadrato il ruolo della madre, in un percorso penale. In un processo penale
ovvio che l'abusante cercher di giocare sulle insufficienze della moglie,
su quanto ha suggestionato e indotto la sua povera figlioletta ad accusarlo,
per ottenere di essere riconosciuto innocente, facendo risultare l'accusa,
come una falsa accusa. Poich la colpa di bugiardi non la si pu dare al
bambino, la si d alla madre, affermando che ha costruito la falsa accusa.
Perci, ci si pu trovare in situazioni imbarazzanti, in cui ci pu
essere una grande interferenza del piano giudiziario penale rispetto alla
costruzione dell'alleanza e della riparazione della relazione tra madre e
figlia. Per cui, se si sta facendo un lavoro perch la bambina capisca che la
madre ha orecchie per ascoltarla e che quindi pu confidarsi con lei, e pu
capitare tra capo e collo che venga nominata la C.T.U. e venga fatta
richiesta perch il bambino sia salomonicamente allontanato da tutti e due i
genitori e tantissime volte questo succede. Quando ci sono dei genitori in
conflitto i tribunali per i minorenni prendono spesso le decisioni cosiddette
salomoniche, mettendo il bambino in congelatore, perch la scelta alla fine
equivale a questo, e rimandando all'esito del processo penale la decisone se
ripristinare o meno il rapporto con uno o l'altro dei genitori, secondo
che il padre sia ritenuto innocente o colpevole e quindi la madre sia
ritenuta una che ha fatto una giusta o falsa accusa. Quindi la situazione
diventa molto difficile; io sostengo sia necessaria una sostanziale
ribellione dell'ambito clinico a sottostare alle interferenze giudiziarie.
Secondo me, bisogna cambiare l' atteggiamento mentale di chi lavora nei
servizi e di chi lavora come libero professionista; prima l' atteggiamento
mentale era: tu a casa tua, io a casa mia, non abbiamo niente a che
fare uno con l'altro. Sbagliatissimo, perch non si pu non tenere conto dei
fattori di realt, quando si opera su situazioni delicatissime dal punto di
vista psicologico, traumatiche e post traumatiche, che quindi
riconoscono eventi di realt e continuano ad innescare a catena
altri eventi di realt, che non originano all'interno di distorsioni
intrapsichiche o cattive letture delle relazioni o altro. Originano da
fatti, che sono successi e che continuano a trascinare uno dietro l'altro dei
fatti. Questo era un atteggiamento dissociativo che non porta niente di
buono. Per, anche l'atteggiamento opposto, di considerarsi un po' la longa
manus, l'esecutore di quello che viene deciso nei tribunali, sia il tribunale
per i minorenni o il tribunale ordinario secondo me, completamente
inefficace. Bisogner arrivare a un punto di equilibrio in cui non c' pi
"ognuno a casa sua", in cui non c' pi "Arlecchino servitore
di due padroni", ma si arriver a una triade: siamo in tre. Quindi, ci
sono dei diritti, tutti di rango costituzionale, che devono essere
rispettati: il diritto del bambino ad essere tutelato, il tribunale per
i minorenni, la tutela dell'infanzia, che non mi ricordo se l'art. 30 o il
31 della Costituzione, la tutela della salute, art.32 della
Costituzione, quello al giusto processo, art 111 della Costituzione, il
diritto alla difesa... tutti diritti di rango costituzionale. E noi ci
poniamo come interlocutori assolutamente paritari e sullo stesso piano, in
cui non ci sono dipendenze, ma ci sono interconnessioni e integrazioni
importanti. una
domanda: abbiamo parlato di situazioni in cui si dato gi per
accertato che fosse successo il fatto dell'abuso. Mi chiedo se vi siete
trovati di fronte a situazioni in cui ci sono seri dubbi se
l'abuso ci sia stato realmente o ci sia stata la fantasia dell'abuso , un
atto provocatorio, adolescenziale della ragazzina o della madre. Il tema dei falsi
positivi, come si dice, il tema forse pi esplorato in letteratura ed
stato ampiamente elaborato: il sospetto di abuso sessuale, che, poi, si
rivela essere qualcos'altro. Trattandosi di situazioni perseguite per legge,
in cui il perseguimento per legge suscita una grossa combattivit da parte di
quelli che non vogliono essere perseguiti, stato sistematizzato tantissimo
materiale. Quindi c' una schematizzazione in categorie, rispetto alle quali
si possono trovare le ragioni che danno origine ai falsi positivi, di cui la
produzione di fantasie erotizzate, che vengono scambiate poi per incesto
reale, solamente una delle tante e anche forse quella su cui non affatto
difficile una diagnosi differenziale. Facendo la radiografia del
funzionamento della vittima abbastanza facile differenziare le
cosiddette fantasie edipiche o enfatizzazione delle fantasie edipiche, come
viene scritto in letteratura, dalle situazioni di trauma reale.
Comunque, ci sono delle schematizzazioni. Comunque, al di l degli studi
seri, ci sono anche una quantit di credenze, miti e leggende,
costruite intorno a questo problema. Uno dei miti : i falsi positivi sono
tantissimi. Autori italiani, di cui io non faccio il nome, ma che poi si
trovano sempre a fare gli avvocati difensori degli abusanti, affermano che i
falsi positivi sono almeno la met; addirittura io ho sentito l' affermazione
da parte di un giudice onorario del tribunale per i minorenni di Milano,
durante un corso di formazione, che il 90% delle accuse di abuso sessuale che
nascono in situazioni di separazione, separazione conflittuale, sono false.
Questi sono miti. A fronte di questo, la ricerca dice che i falsi positivi si
situano in un range, variabile naturalmente, che sta tra il 3 e l'8% delle
segnalazioni dei sospetti di abuso sessuale. Quindi, abbastanza basso. Nella
nostra casistica, sui casi visti tra il '95 e il '99, pi di 100
bambini, per 5 bambini abbiamo ipotizzato la possibilit che si trattasse di
un falso positivo. Tutti gli altri sono stati comprovati. E quindi siamo intorno
al 5%, per l'appunto e quindi esattamente in media rispetto a quello che dice
la letteratura americana. Per quanto riguarda le situazioni di separazione
conflittuale, studi, rilevazioni fatte dicono che solo nel 2% delle
separazioni conflittuali nasce l'accusa di abuso sessuale. Di questo 2% ,il
50% comprovato. Delle denunce il 50% comprovato, il 30% risulta non
comprovato giudiziariamente, quindi non sappiamo quanto la verit
processuale corrisponda alla verit reale; il restante 20% risulta non comprovabile,
non validabile perch troppo lontano nel tempo, troppo pasticciato
negli interventi, perch i bambini sono troppo piccoli e non possono
neanche accedere alla prova. Cio, non possibile n provarli, n
disconfermarli. Sono numeri assai pi rassicuranti di quelli che fanno
parte dei miti e delle leggende. Rispetto alla possibilit che una
rivelazione di abuso sessuale sia frutto di fantasie erotizzate della
vittima, che un caso, perch poi ci pu essere anche l'altro caso in cui la
vittima non ha nessuna fantasia erotizzata, ma costruisce scientemente una
falsa dichiarazione per nuocere, questo possibile solamente per i
bambini pi grandi e gli adolescenti. Si suppone, a quanto la
letteratura afferma, che fino a 11-12 anni i bambini non hanno le capacit
cognitive ed emotive per sostenere congruentemente nel tempo una falsa accusa
di abuso sessuale. Dopo, invece, ci sono sia le capacit cognitive e sia le
capacit emotive di tenuta: quindi si pu dare il caso delle false accuse.
Prima ci pu essere l'illusoriet: si investito eroticamente il rapporto
con il proprio padre e si dicono delle cose che altri possono interpretare
come un vero abuso, effettivo e che, invece, nulla hanno a che vedere con
questo. Questa quota non affatto grandemente rappresentata. La
maggior parte dei falsi positivi nell'abuso sessuale nascono dal
fraintendimento, cio ci sono delle cose che vengono dette, non vengono
approfondite sufficientemente e possono dare origine a dei fantasmi,
nel senso non di fantasie, fantasmi in senso psichico, ma cose che non
esistono, non hanno consistenza e che possono dare avvio a una serie di
accertamenti anche sul piano giudiziario, che poi si concludono con una
disconferma. E questa la categoria pi rappresentata nei falsi positivi.
Pu essere di conforto che, a fronte di questi dati che sono i dati della
letteratura internazionale, abbiamo cercato, stiamo ancora cercando, anche in
Italia, attraverso il C.I.S.M.A.I.( Coordinamento Italiano dei Servizi
contro il Maltrattamento e l'Abuso all'Infanzia, un organismo
fondato nel '93, di cui il C.B.M. uno dei soci fondatori e che adesso
raccoglie pi o meno una cinquantina di centri e altrettanti soci
individuali, in tutta Italia) di fare una revisione dei falsi positivi
registrati dai centri italiani che possano riconoscersi in una attivit
diagnostica, in procedure diagnostiche analoghe. Infatti, decidere se si
tratta o no di un falso positivo dipende dalla procedura di
valutazione. Pu essere benissimo che tu hai una malattia, vai in un ospedale
che non ha le procedure adatte e non te la diagnosticano. Vai in un ospedale
che ha le procedure di valutazione adatte e te la diagnosticano. E quindi si
individuato, almeno in questa prima fase, un gruppo di centri, che sono tra
i 10 e i 15, che in tutto hanno una casistica di parecchie centinaia di
casi, per vedere quanto incidono i falsi positivi nella loro casistica. Sono
centri che hanno una formazione analoga e quindi delle procedure di
valutazione analoga. I risultati parziali di questa ricerca danno alcune
sorprese, rispetto ai miti. Innanzi tutto, le situazioni in cui ci siano
false accuse lanciate nelle separazioni conflittuali, che sono quelle su cui
si fa gran battage, sono scarsamente rappresentate. E quando dico "scarsamente",
uso un eufemismo, nel senso che non ce n'. Per aspettiamo, non sono ancora
dati definitivi. E l'altro dato importante che, nella quantit dei falsi
positivi individuati, che attualmente, sempre nei dati provvisori, intorno
al 6%, quindi proprio nel range di quello che dice la letteratura mondiale,
tra il 3 e l'8%, la met costituita da casi non validabili, appunto i casi
in cui non possibile fare un accertamento perch la situazione troppo
lontana nel tempo, troppo pasticciata, perch i bambini sono troppo piccoli,
perch non ci sono le risorse per arrivare alla prova, ma in cui continua a
persistere nei clinici l'ipotesi che l'abuso ci sia stato. L'altra
met, invece, costituita da quelli che abbiamo denominato "impropri
sospetti" , cio sospetti che sono stati disconfermati, effettivamente,
all'esito delle procedure diagnostiche. E quindi i veri falsi positivi
scendono al 3% rispetto al totale del 6%. Questi sono i dati. Dati che, voi
vedete gi da quel poco che vi ho detto, quanto sono contrastanti con i miti
e leggende che, invece, vengono costruite intorno all'esistenza dei falsi
positivi. Io mi auguro che entro il prossimo congresso del C.I.S.M.A.I,
che sar alla fine di settembre del 2001, la ricerca sia completata e i dati
definitivi. A proposito
di questi dati volevo sapere: lei diceva che questi padri incestuosi sono
solitamente al di sopra di ogni sospetto, ma si notata una certa
correlazione con il livello di scolarizzazione o l'ambiente, anche
della mamma vittima, situazioni in cui il livello economico ,per
esempio, possa incidere? Incide
sicuramente sulla scoperta, perch le famiglie che hanno dei problemi sono
nel mirino e quindi si vedono. Relativamente, perch, a volte, queste
stesse famiglie sono nell'osservatorio dei servizi per situazioni di
multiproblematicit, di maltrattamento e di trascuratezza e nessuno mai,
anche se ci sono dei segnali, va a sospettare che potrebbe esserci, come,
invece, frequentissimamente in associazione c', anche l'abuso sessuale. Per
quanto riguarda le rilevazioni, la letteratura internazionale dice che
l'abuso sessuale, tra tutte le forme di maltrattamento, quello pi
equidistribuito nelle fasce socioculturali. Nella nostra rilevazione sui
casi, come vi dicevo prima, dal '90 al '95 , si vedeva proprio massicciamente
questa equidistribuzione: avevamo il livello alto, laureati professionisti,
medici, procuratori legali industriali, cio gente che ha grosse possibilit
economiche e delle buone e/o delle buone possibilit culturali; il livello
medio: impiegati, scuola media superiore; il livello basso, livello operaio,
che pu coincidere o no con la presenza di
multiproblematicit. La cosa sorprendente che nella distribuzione dei
nostri casi, il 19%, 1 su 5, appartiene al livello socioculturale alto,
il 36,2% al livello basso e al livello medio 44,8%. Quindi, pi
equidistribuito di cos; esaminando le statistiche effettivamente siamo
costretti a rivedere alcune nostre idee; dobbiamo concludere che
l'essere abusante non c'entra con l'appartenenza al ceto. FILMATO La
madre riferisce che la sua bambina continuava a dire: mamma ti voglio tanto
bene, ti voglio tanto bene, mamma () ossessionante, ossessiva. Tanto pi io
sto male, dice la madre, tanto pi lei ripete questa cosa. Come per dire: non
colpa mia, oppure scusa non volevo. () poi, invece, quando ci sono i
momenti normali, che io magari sto bene e magari la rimprovero per qualche
cosa, le cose normali () le dita nel naso a tavola dico: "Giorgia, non
metterti le dita nel naso". Appena lei sente che il mio tono non pi
il tono dolcissimo della mamma, appena sente un pizzico di rimprovero
comincia a piangere, grida, diventa isterica, trema, dice. "Ho paura, ho
paura" e continua dire: "Perch mi hai detto che sono brutta",
mi dice. "Ma io non ti ho detto che sei brutta". "Perch mi
picchi, perch mi dai le sberle". "Ma io non ti sto dando le
sberle". E continua avanti per 5-10 minuti con questa tiritera e io
certe volte non so cosa fare, certe volte Ma io a livello cosciente (), da
quello che sento io, che capisco io, io sento una grande compassione, un
grande senso di ingiustizia e nello stesso tempo, un grande dolore,
(), per cui questo dolore mi toglie le energie. Allora, la mia paura
questa: che io sono qui a parare i colpi di tutto quello che
successo, per una cosa che non successa perch l' ho voluta io, perch non
ho chiesto io a quest'uomo di fare quello che ha fatto. Questa
stata una cosa e io ho paura di non farcela. L'altro giorno pensavo di
morire () di dirvi: prendetevi cura della Giorgia () so che con voi in
buone mani, con me non ce la far mai, io non sono una buona mamma (). Non
tanto perch non sono una buona mamma, ma perch io sono distrutta, () tutta
rotta dentro. Poi, s, certi giorni cerco di (), certi giorni si cerca di
lasciarsi alle spalle tutto e comunque di andare avanti, per si viene sempre
a fare i conti con questa cosa, un peso (). Allora tante volte io sento
questo, che ho tanta compassione, ma questa compassione (),questa compassione
mi porta talmente tanto dolore che mi blocco. Adesso, quella che
vedete dopo la mamma di una bambina che ha rivelato un abuso non
intrafamiliare. un abuso extrafamiliare, ma, come al solito, si tratta di
un parente, un parente molto caro, molto caro al marito. Fa parte della
famiglia del marito e vedrete quali altri dubbi una madre pu avere
rispetto al proprio figlio. Questa signora, avendo fatto una
psicoterapia, abituata a parlare, a esprimere i sentimenti e a utilizzare
lo strumento del sogno. Mi ha raccontato una volta un sogno terribilmente
significativo: doveva partorire un bambino, ma non era ancora finito il
termine, lei stava da una sua amica e questo bambino stava uscendo
prematuramente. Cosa facciamo, cosa non facciamo. Il marito dell'amica era
medico. E allora l'amica le diceva: ascolta, fin quando torna mio marito dal
lavoro, prendiamo il bambino e lo mettiamo nel forno e poi dopo quando lui
arriva te lo rinfila dentro e cos puoi portare avanti la gravidanza. E cos
hanno fatto. Forno il nome del PM, no? comunque lasciamo perdere le
associazioni che si sprecano. Torna il marito e a quel punto non riesce pi a
rinfilare il bambino nell'utero e lei costretta a guardarlo, perch prima
lo aveva come fatto uscire, poi l'aveva messo l, invece che in congelatore,
nel forno, perch stesse al caldo e poi pensava di riprendere la gravidanza.
E a quel punto, ha detto, l'ho guardato ed era strano, dottoressa, era come
E.T. , personaggio del film profondissimamente umano e nello stesso tempo
disumano, mostruoso e nello stesso tempo tenero e accattivante. Ed cos.
L'abuso l'interruzione della gravidanza mentale, che si porta avanti fino a
quando i figli sono grandi. come se, improvvisamente, ci si trovi un figlio
che non pi il proprio, che dovuto uscire da questa costruzione
ideale della realt, da questo investimento, precocemente per un'azione
traumatica da parte di qualche cosa che non c'entra con te, con la tua
volont e con la fisiologia. E a quel punto ti trovi di fronte a uno che
tuo figlio, ma un mostro, completamente deformato. Questo sentimento
di avere delle figlie trasformate dall'abuso in mostri, tra virgolette,
di cui non capisci pi le espressioni, come ha spiegato la signora di prima,
che senti che stanno malissimo o a volte vanno incontro a delle
espressioni molto pericolose, specialmente sul versante sessuale ()
Sessualizzazione, quello che esprime questa altra signora che voi vedete. () sente
un dolore fortissimo, piange la notte () ho parlato, appunto, alla pediatra
di quello che era successo. Secondo la pediatra potrebbe essere anche un
sono dei dolori mentali, che si auto che lei si convince che li ha ma il
test sembra che () la pediatra cos che l'ha visitata, non mi accusa pi.
Per il dolore di gambe proprio una cosa costante. Lei mi dice che magari
possono essere dolori di crescita, per sono dolori atroci. Perch ho provato
per vedere se la allontani () e adesso vedo di portarla dall'ortopedico,
dall'angiologo, qualcosa per capire che cos' perch dagli esami non risulta
niente. Adesso non vorrei mai anche che sente questi dolori non so neanche
io cosa fare. () io lo
faccio lo stesso, perch () questo da quando piccola per adesso, per
esempio, in mezzo alle gambe, cio proprio all'interno delle gambe, a lei
piace essere fatto il solletico. Arrivo fino ad un certo punto () cio,
glielo faccio, perch ho come paura che poi magari lo chiede a qualcun altro,
capito? () l'altro
giorno ho pianto tantissimo, perch stavo spiegando appunto che non la vedo
bambina, non lo so. Cio, per me non ha fatto la sua, le sue tappe di
bambina, capito? Cio la vedo gi una ragazzina, cio una bambina nello
stesso tempo che cio, ad esempio, mamma voglio mangiare, perch cos mi
viene il seno grosso che una bambina di 5 anni e mezzo non dovrebbe pensare
invece le ha. oppure, vuole crescere, vuole diventare presto grande. Ha
questo desiderio poi appunto ho parlato con () mi sono fatta rispiegare che
cosa la bambina e dice che, appunto, vuole diventare grande, per fare, per
dare i baci. Poi quando si abbraccia e mi d i bacini, non sono bacini di una
bambina () cio, ti abbraccia con quella passione che magari vede la scena
del film, due che si baciano, si avvicina e ti bacia calorosamente anche lei.
Per, d'altronde, devo reagire, cio, nel senso, devo riuscire a farla
crescere quello che ho capito che la bambina non la lascio mai a nessuno.
Non che la bambina, per l'amor di Dio lei, nella sua incoscienza, molto
aperta e non capisce che quello che sta facendo non deve farlo. Io non voglio
farglielo capire in un modo sbagliato, perch, sinceramente, anche mia madre
mi diceva che non si fanno certe cose, ma mi ha fatto proprio il terrore.
Cio mi ha messo su il terrore, se devo essere sincera (). E la stessa cosa
non voglio che succeda a mia figlia, cio non voglio che veda queste cose in
un modo sbagliato, brutto, sporco, perch se no poi () allora niente,
cercher di starle dietro, di lasciarla meno possibile con altra gente.
Perch, magari, lei lo fa in modo come lo fa con noi, in un modo senza
sapere che non una cosa da fare, magari c' che se ne pu approfittare.
Cosa devo fare? () sessualit
perch dice: "A me mi avevano messo il terrore e poi con quello che mi
era successo, il terrore mi era aumentato". Nel senso che lei aveva
avuto proprio un rifiuto della sessualit e, fortunatamente, poi aveva
trovato un marito paziente, eccetera. "Non voglio che mia figlia cresca
come me, per non voglio neanche che si butti in situazioni che possono
essere di pericolo e quindi cosa devo fare? Devo reagire" dice questa
povera donna "devo starle dietro, non la dar a nessuno. Cio, far in
modo che non stia con altri, con estranei perch con noi, magari, se fa
questa cose noi le capiamo in un certo modo, ma se le fa con altri, pu anche
trovare qualcuno che ne vuole approfittare". Quindi, potete immaginare
Adesso vi leggo una riflessione scritta, sempre di questa serie: come le
madri vedono le loro bambine. Una riflessione scritta di un'altra madre; si
tratta di una separazione conflittuale di cui si stava facendo una
valutazione ; la bambina aveva quattro anni, quando si scoperto
un abuso sessuale da parte del padre. La signora ogni tanto prendeva
degli appunti, nonostante fosse abbastanza illetterata; essa stessa era stata
istituzionalizzata fin da quando aveva due anni. Ieri, eravamo
al primo febbraio, alla mia domanda se per caso il pap le avesse fatto male,
anche quando non giocavano, perch le prime rivelazioni della
bambina riguardavano situazioni di gioco, Chiara ha risposto che lui
non le aveva mai fatto del male. Era stata lei stessa mentre si grattava. Questa
una bambina che ha subito atti penetrativi orali, anali e genitali, quindi
un abuso gravissimo, con un esito di sinechia alle piccole labbra. Nonostante
questo, ci sono queste continue altalene, anche nella vittima, e
il ricorso alla negazione come modo per non morire Chiara ha
risposto che lui non le aveva mai fatto del male. Era stata lei stessa mentre
si grattava. C' da dire, che, qualche giorno prima, io le avevo
chiesto proprio questo, in quanto l'assistente sociale, mi aveva posto questa
domanda:" Per caso Chiara pu essersi masturbata?" in alternativa
all'ipotesi che avesse subito abuso, poteva esserci un'origine di masturbazione. In
questi giorni la bambina mi ha raccontato molte cose che mi risultano nuove,
per esempio dice che faceva il bagno con il pap e lo lavava tutto e quando
lavava il pisellino il pap le diceva che gli faceva il solletico. Un giorno
l'ha messa a letto di pomeriggio e quando lei si girata il pap le ha fatto
male al culetto. Pap voleva giocare con lei e con le bambole, per a lei non
piaceva perch lui voleva fare la femmina, mentre lei doveva fare il maschio
e questo gioco la disturbava. Il padre anche un omosessuale, un
bisessuale, che ha mascherato nella bisessualit l'omosessualit, lui stesso
era stato abusato; quindi, chiedeva anche alla moglie delle prestazioni da
omosessuali, di essere penetrato analmente. Tutte queste cose mi sono
state raccontate nella settimana che va dal 27 gennaio al 1 febbraio.
possibile, allora, che il giorno 1 febbraio una bimba neghi tutto quanto?
possibile che una bambina arrivi ad accusare un adulto e che poi accusi se
stessa nel tentativo di difenderlo? Allora le ho detto che dovevamo chiedere
scusa al pap, perch non era giusto tenerlo lontano dalla sua bambina, se
non era successo niente e che sarebbe potuta tornare da lui. Quando ho detto
questo Chiara ha risposto: "No" e ha cominciato a piangere. perch
quando le chiedo il motivo di questo comportamento non mi risponde? Le domando:
"Perch vuoi andare da pap"? E lei risponde: "Perch mi
manca". Allora posso dire che ora va tutto bene e che puoi tornare dal
pap? E risponde: "Non dirlo". Alla domanda perch non devo dirlo,
Chiara non risponde oppure dice che sta bene con me. Perch non riesco a
parlare con mia figlia? Si chiede.
quella sensazione di muro che vi dicevo prima. Muro dietro il quale sta una
deformit, che non si sa come governare. E tutto questo deve essere
governato, quando la madre stessa si sente, come diceva la prima, tutta
rotta. Tutta rotta, con il crollo della propria vita. Vi faccio vedere uno
spezzone di come si sente un'altra madre. I genitori sono
due medici ed la bimba, Martina di sei anni, che ad un certo punto rivela
un abuso sessuale da parte del padre, padre biologico, diciamo. Si tratta di
una famiglia ricostituita e gi da sette anni erano sorti dei sospetti di
abuso sessuale sulla figliastra, che la signora ha avuto dal primo marito.
Anche il secondo marito ha avuto un figlio dalla prima moglie. La coppia
ricostituita ha due figli, di cui Martina la primogenita.La prima figlia
della signora, fin da quando si era ricostituita la famiglia, aveva parlato
alla madre, lamentandosi per i comportamenti sessualizzati che il patrigno
aveva nei suoi confronti. In questa situazione c' stata anche la
responsabilit di chi intervenuto dal punto di vista psicologico, che ha,
come posso dire, considerato tutto come fraintendimento da parte della
ragazza, per ostilit verso questo patrigno. C' poi stata la rivelazione di
Martina. Questo che voi vedete il momento in cui chiedo alla signora quali
sono i suoi pensieri; ha appena raccontato la rivelazione, di cui ha saputo
tre giorni prima. Quindi siamo proprio nell'immediato, trauma fresco. dunque, i
miei pensieri da quando successa questa cosa () subito, la prima reazione
stata quella: adesso mi ammazzo subito, perch mi sembra giusto cos. Poi
ho chiamato, immediatamenteho detto "un attimo", prima di
ammazzarmi, chiamiamo un attimino la dottoressa e il mio avvocato, che un
mio amico. E mentre parlavo con loro. e mentre parlavo con loroperch,
parlando con le altre persone si riesce a capire meglio quello che si pensa,
perch, da soli, in queste situazioni non si riesce a pensare. Bisogna
parlare per sentire i propri pensieri. E allora ho detto: non lo ammazzo,
perch le bambine, cos, rimangono senza pap e senza la mamma e scoppia uno
scandalo, che, forse, a loro fa peggio. Quindi, non lo ammazzo. E ho deciso
di non ammazzarlo. E non ammazzarmi, perch mi sembra che adesso io sia importantissima
e quindi non penso che sia giusto che io mi ammazzi. Assolutamente no.
allora, ho pensato a quest'uomo e ho pensato che malato. Io adesso,
qualsiasi cosa voi diciate, io sono convinta che lui sia malato. E questo
che venga fuori che le bambine hanno interpretato, come Fabrizia, forse male,
che forse a me non mi convincete pi non
abbiamo nessuna intenzione di convincerla, assolutamente credo che Forse sono
aggressiva, abbia pazienza no, non
aggressiva. Lei traumatizzata e quindi giustamente reagisce come una
persona ipervigilante, perch ha avuto un trauma. E dice: non potete pi
contraddire, non potete pi contraddire la percezione che io ho. E la sua
percezione che questa cosa sia grave. La mia percezione che questa cosa
sia grave. se anche
lui non ha fatto niente No, ma lui
ha fatto non
importa, anche se lui non ha fatto niente. A me non interessa quello che ha
fatto lui a me interessa quello che le bambine pensano. E le bambine pensano
di avere subito una violenza sessuale. E a questo va messo riparo. Punto. Lui
pu non aver fatto il gesto sessuale, per ha fatto credere alle bambine,
comunque, di aver avuto dei rapporti sessuali con loro, perch, come ha detto
la dottoressa le ho detto: io non le ho violentate, stuprate, non ho messo
il pene dentro, non so e la dottoressa le ha detto: a questo punto, sarebbe
stato assassinio. Perch penetrare una bambina di 4 anni, la ammazzi ().
Quindi, voglio dire, che cosa il sesso? Anche perch, mi sto eccitando
quando io, dopo aver parlato con la dottoressa e con l'avvocato, venerd sera
sono andata su e gli ho detto: "Massimo ci risiamo, adesso
Martina". Lui ha detto. "No, non possibile, allora sono un
mostro. Cosa faccio, mi ammazzo?". Ho detto: no, calma, perch se no ti
avrei gi ammazzato io. Quello non lo puoi fare. Lui subito ha detto:"
Non, non vero, non mi ricordo". E poi mi ha detto: "Mi ricordo
Martina che una volta mi ha fatto delle avances sessuali e io l'ho
allontanata". A quel punto ho capito che malato. Perch non mi pu
trovare questa giustificazione io i miei figli ce li ho sempre il bambino
con il pisellino duro che gira per casa e Martina che erotizzata da matti e
parla solo fase erotica e parla solo di sesso, ma non mi hanno mai eccitato.
E quindi lui malato, perch una persona non pu dire che una bambina fa
delle avances... sua figlia delle avances sessuali a lui e per cui l'ha
allontanata. E quindi malato ed da curare. Allora, io l'ho amato
tantissimo e non so se ancora adesso ho smesso di amarlo. Di sicuro, ho
lottato come una bestia per avere questa famiglia e sono ritornata ad essere
sua moglie, cio a farmi toccare da lui dopo che successa la cosa di
Fabrizia. Io ho patito le pene dell'inferno. Ho
avuto un periodo, quando siamo tornati assieme dopo che avevamo deciso di
tornare assieme, per cui mio marito ha voluto subito essere di nuovo marito e
moglie, in cui io perdevo sangue dappertutto. Perdevo sangue dal naso,
perdevo sangue dal culo, dappertutto. Io non potevo fare niente che perdevo
sangue. Le dico un po' la verit: mi faceva persino piacere, perch dicevo:
bene io almeno lo vedo che soffro. Sono l'unica persona che lo vede, ma io lo
posso vedere che soffro. Non sono ancora riuscita a piangere da luned, forse
adesso finalmente per avevo detto: se devo farlo per mia figlia, perch non
pensi che per la mia famiglia e tutto, lo faccio. Lui non m'ha dato tempo
Gli dicevo: per favore dammi tempo di riabituarmi a questa cosa,
ritroviamoci, riscopriamoci. Diamoci il tempo di ritrovare l'affetto, la
stima, di lottare assieme per ricostruire la famiglia. Quando abbiamo visto
che abbiamo lottato assieme per ricostruirla, diamoci tempo di riscoprirci
anche noi come persone. Per lui, essendo malato, non l'aveva questo tempo.
Quindi, adesso siamo qua che lui il malato e a me manca gi tantissimo la
mia famiglia, la mia casa, lui come l'uomo che io credevo che fosse e del
quale mi ero innamorata. Quindi, mi creda, dottoressa, certe volte vorrei
mettere un coperchio sopra e fare finta di niente, perch sarebbe pi facile
per me. Anche al diavolo le bambine. Ho dei momenti in cui dico sono
meschina, ma dico: le mie vacanze, con la mia famiglia. Delle cose proprio
stupide, capisce? Che per mi mancano e mi manca l'idea di questo uomo vicino
che forse io ho amato pi di quanto credessi. Perch sa come quando muore una
persona, che dici: "Cazzo, quanto l'ho amato e come mai abbiamo litigato
che l'amavo cos tanto". E ovviamente sono dei momenti molto brevi, in
cui io, per, per fortuna, ripenso che questo uomo malato, che va curato e
io voglio salvare le mie bambine, voglio salvare me stessa. Perch io penso
che sia un mio dovere salvarmi me stessa. Non voglio pi essere sacrificata
per le bambine. Anche perch non servito a un cazzo, quindi non vedo perch
dovrei farlo. Ma poi, anche se non fosse per quello, io non voglio pi
salvare le bambine a mio discapito. Io voglio che ci salviamo tutte e tre.
penso che solo questo spezzone vi abbia gi dato l'idea di come questa
terribile dilemma tra vedere e morire, non vedere morire lo stesso. Perch,
cos, quello a cui fa allusione la signora, tanto brevissimamente perch voi
lo ricostruiate, che in questa lunga storia di segnali e di continue
lamentele di Fabrizia, la figlia pi grande, rispetto all'abuso che subiva da
parte del patrigno, c' stato poi un episodio clou, avvenuto tre anni
prima della rivelazione di Martina, per cui siamo l in quel momento. E
l'altra persona presente appunto la neuropsichiatra infantile, che aveva
fatto, all'epoca, la terapia familiare per ricongiungere questa famiglia in
base all'ipotesi del fraintendimento, che, cio, Fabrizia avesse frainteso
gli atteggiamenti del padre. "Lui malato": la signora cerca di
razionalizzare qualche cosa, guarda, per un attimo, la propria sofferenza e
dice. "Forse adesso riesco a piangere". Da luned, quando venuta
fuori la bomba di Martina, non era riuscita a spremere una lacrima da
s. Provate a mettervi nei panni di chi non riesce neanche ad esprimere il
proprio dolore, perch la paralisi, il trauma troppo forte "e gi mi
manca, so che lo devo fare, so che devo salvarmi, salvo me, salvo le mie
bambine, ma gi mi manca". Gi mi manca la mia vita di prima. Certe
volte vorrei mettere un coperchio e dire: al diavolo le bambine. Sar
meschina, ma mi mancano le mie vacanze, mi manca la mia famiglia, sa come
quando muore una persona eccetera, eccetera. E
dici: cazzo, quanto l'amavo e perch abbiamo litigato. Quindi, questo
sentimento di paralisi, di grave crollo voi qui vedete una persona che un
medico, una persona di alto livello sociale, socioculturale; forse cerca di
sostenersi anche un po' con la rabbia. Questa situazione , per, molto
difficile da sostenere; quindi bisogna potersi occupare, per la madre, della
bambina tutta rotta, i cui comportamenti sono diventati non decodificabili,
incomprensibili, strani, dietro un muro, irraggiungibili, nello stato
psicologico del crollo della propria vita. |